Padre disperato a Foggia: “Mi hanno strappato i figli per motivi religiosi”

Si definisce un “padre disperato”, Marco (nome di fantasia). Mai avrebbe pensato di essere accusato di pesanti nefandezze nei confronti della propria famiglia dopo il divorzio: minacce private, stalking, maltrattamenti in famiglia, mancata assistenza familiare, ingiuria e offesa al decoro, ancora minacce e lesioni personali. Un elenco lunghissimo che tuttavia non rende pienamente la complessità della vicenda. Sì perché alla base dell'”odio familiare” ci sarebbero motivi religiosi.

Per questo, da due anni, Marco non riuscirebbe a vedere i suoi figli se non per pochissime ore a settimana: “Sono vittima di un complotto religioso – racconta Marco, padre di due bambini di 8 e 12 anni -. Sto perdendo i miei figli per colpa della religione di mia moglie e dei miei suoceri. Sono stato sposato per dieci anni, ma a mia suocera e mia moglie non è mai andato giù che io fossi di fede cattolica, allora per eliminarmi come figura paterna – e quindi condurre i miei figli al loro credo – mi hanno accusato in Procura di fatti che non ho mai commesso”.

Oggi, secondo il suo racconto, i piccoli starebbero “più tempo con i suoceri che con il padre naturale”: “Li conducono negli scantinati di una chiesa dove li costringono a pregare per ore. Li stanno allontanando da me. A nulla è valso il mio tentativo di modificare questo stato di cose: ho consegnato le mie memorie agli assistenti sociali, agli uffici per la tutela dei minori, ad avvocati e psicologi privati e dei consultori comunali. Ma nessuno fa nulla, nessuno mi ascolta”.

Anzi. L’escalation delle denunce si è sempre rinforzata come un mare in tempesta. “Sono arrivati anche a denunciarmi per stalking – ricorda -, solo perché mi recai in banca, dove lavora mia moglie, per prendere visione dell’estratto conto di un nostro conto cointestato. La famiglia di mia moglie, però, ha fatto acquisire le immagini a circuito chiuso delle telecamere della banca per formulare l’ennesima accusa: mi vogliono finito”.

Il papà dei due bimbi confida nella giustizia e nel fatto che tutto verrà archiviato. “Ma ci vorrà troppo tempo”, si sfoga rammaricato: “Temo per i miei figli, li stanno strappando al mio affetto. Quando i giudici si occuperanno del caso – continua – sarà troppo tardi, perché allora i nonni avranno fatto di tutto per plagiarli. Potrei tenerli io quando mia moglie è al lavoro, anzichè lasciarli dalla nonna, ma lei non ne vuol sapere. Io chiedo solo di poter fare il papà, mi mancano i miei figli, i loro abbracci”. Marco chiede di far luce sulla “violenza gratuita” che sta subendo. “Sono allo stremo – conclude -, si fa un gran parlare della violenza sulle donne, ma non si fa mai cenno a quella sugli uomini. I padri maltrattati e umiliati sono tantissimi, ma non fanno notizia. Non so più come comportarmi, forse servirebbe qualche gesto eclatante. Dovrei incatenarmi in tribunale per farmi ascoltare? Ci sto pensando, credo che lo farò”.