

Licenziato per una sigaretta nel 2002, reintegrato al lavoro dopo 15 anni. La storia di Luigi Nicola Carnevale, operaio foggiano della Sata di Melfi, sta facendo discutere dopo la sentenza della Cassazione che gli ha dato ragione. L’azienda di componenti per auto lo aveva licenziato nel giugno del 2002 per “aver fumato durante l’attività lavorativa”. La svolta per Cardinale, oggi cinquantenne, è arrivata con la decisione della suprema corte per il reintegro definitivo in azienda.
Secondo la prima contestazione, Carnevale era colpevole non solo di aver fumato quando non avrebbe dovuto ma anche di altre presunte inadempienze “non conformi alle istruzioni ricevute”, come ad esempio “inciampare in un pallet e procurarsi volontariamente un infortunio”. Accuse cadute nei vari gradi di giudizio, fino all’appello davanti alla Corte di Potenza del 2014 che non aveva accolto la posizione dell’azienda ritenendo che gli errori commessi sul luogo di lavoro erano spiegabili considerando che “soltanto il giorno precedente era stato assegnato a quella postazione”.
Il problema, però, restava la sigaretta che l’accusato – assistito dall’avvocato Antonio Leccisotti – confessava di aver fumato, sottolineando però che in fabbrica non c’erano cartelli che lo vietavano. Per i giudici, considerate le vicende, il licenziamento fu un provvedimento “del tutto sproporzionato”. L’azienda era già stata obbligata al reintegro, ma aveva fatto appello due anni fa. Appello che la Suprema corte ha respinto, dando definitivamente ragione all’operaio.