“Gran Ghetto, sgombero rinviato sine die. Mancano i soldi promessi dal Ministero dell’Interno con il “Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento dl lavoro in agricoltura”, intervento che si inserisce nella “più ampia azione messa in atto dal Governo riguardante anche l’Istituto della rete del lavoro agricolo di qualità”. Sono i soldi del PON legalità e del Fondo FAMI (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione) che servono a completare l’intervento messo in atto da Regione Puglia che punta allo smantellamento dei Ghetti cominciando dal Gran Ghetto”. Ad affermarlo i responsabili di Alternativa Libera a Foggia.
“Un intervento subito minato dall’incendio del Gran Ghetto – scrivono -, dalla sua ricostruzione con baracche più funzionali adatte a ospitare un numero maggiore di lavoratori stagionali, da impiegare nei lavori agricoli. Chi ha ricostruito il Gran Ghetto non era animato dallo “spirito del buon samaritano” ma dall’intento di trarre il maggior guadagno possibile dallo sfruttamento dei braccianti stagionali che, per un’occupazione che frutta attorno ai trentacinque euro al giorno, li obbliga a versarne la metà tra trasporto sul posto di lavoro e mantenimento. Sfruttatori di lavoratori ben inseriti nel mondo agricolo e in grado di fornire, just in time, la manodopera necessaria alle aziende agricole. Sfruttatori che probabilmente sono in grado di concedere dilazioni nel pagamento alle aziende obbligando, di conseguenza, i braccianti a soggiornare ben oltre la fine della stagione agricola per recuperare il soldi guadagnati con il duro lavoro.
Una organizzazione criminale governa il Gran Ghetto, o almeno questo è quello che si capisce dal poco che trapela in seguito agli interventi della magistratura cominciati con il “sequestro con facoltà d’uso” del ghetto stesso, con l’arresto per spaccio di droga, con lo sfruttamento della prostituzione e finanche un omicidio per non ben specificati motivi.
Ora, dopo sei mesi di programmazione e attesa del più volte annunciato sgombero, ci dicono che si procederà allo svuotamento progressivo del Gran Ghetto combinando azioni di repressione e contenimento del caporalato con azioni che agevolino il collocamento dei braccianti attraverso i normali canali legali”.
E ancora: “Questi i “numeri dell’azione delle forze di polizia” forniti pochi giorni fa dalla Prefettura di Foggia nei primi sei mesi del 2016: “controllate 416 aziende agricole, individuati 357 lavoratori irregolari e irrogate sanzioni amministrative per complessivi 435.300 euro”. Numeri in linea con quelli del 2015: “controllate 1016 aziende agricole, individuati 968 lavoratori irregolari ed irrogate sanzioni amministrative per complessivi 986.240 euro”. Numeri che danno la misura dello scarso impegno profuso sul terreno: meno di tre aziende al giorno controllate; meno di tre lavoratori irregolari individuati al giorno, meno di tremila euro di sanzioni irrorate al giorno. Questi numeri attestano che l’azione repressiva è indirizzata solo contro le aziende agricole. Numeri ridicoli che mettono in evidenza quel che non è stato fatto, ossia il contrasto al caporalato perché non si ha notizia di caporali denunciati e di veicoli a loro sequestrati.
Ancora una volta, ci promettono un “maggior impegno” nel sanzionare le aziende agricole che ricorrono al “lavoro nero” ma si smette di parlare, o quasi, di smantellare i ghetti. Si torna a parlare di “ospitare fino a cinquecento lavoratori in tendopoli attrezzate di tutto punto”, di centri per l’impiego e liste di persone da avviare al lavoro, di aziende che vogliono sfuggire alla morsa del caporalato da aiutare e di aziende che lamentano il costo troppo alto della manodopera assunta regolarmente. Sembra che non sia cambiato nulla dall’operazione “capo free, ghetto out”, di nuovo c’è solo l’impegno di Regione Puglia, di vecchio tutto il resto.
Ora, aspettando che il Governo emani le linee guida per utilizzare i fondi del PON legalità che servono per costruire le tanto agognate strutture per ospitare i lavoratori agricoli stagionali (fondi destinati anche a combattere il racket delle estorsioni e l’usura), confidiamo che la Prefettura si adoperi per iniziare l’azione di prevenzione e contrasto del caporalato con azioni continue di controllo sulle strade per stroncare il “core business” del caporalato, ossia il trasporto dei lavoratori nelle aziende agricole. Questo non interessa solo i braccianti ospitati nei ghetti lager della Capitanata ma anche i/le braccianti che vengono dal tarantino per lavorare le pregiate uve da vino”.
E concludono: “Allungare i tempi dello smantellamento del Gran Ghetto vuol dire solo perpetrare la percezione che i prodotti agricoli della nostra provincia siano macchiati dal colore nero del lavoro illegale, sporcati dal rosso del sangue versato dai braccianti stagionali, prodotti soggetti a boicottaggio sui mercati esteri con buona pace di chi continua a promettere certificazioni di qualità ed eticità dei prodotti agricoli per rilanciare un’agricoltura stremata dalla concorrenza straniera e nella ‘morsa del caporalato'”.