Francesco Sinesi continua a fare la spola tra casa e carcere. Il boss foggiano, appartenente al clan Sinesi-Francavilla e figlio del capo batteria Roberto Sinesi, è tornato tra le mura domestiche. Il 31enne era finito in carcere meno di un mese fa con l’accusa di aver incontrato alcuni pregiudicati nella sua abitazione nel centro storico di Foggia, durante il regime dei domiciliari. Ma non ci sarebbero prove a sufficienza nonostante alcuni soggetti, noti alle forze dell’ordine, siano stati visti entrare in quel portone. Perciò, i giudici della Corte d’Appello hanno accolto il ricorso dell’avvocato sanseverese Ettore Censano rispedendo a casa il giovane.
Sinesi, il 30 aprile 2015, venne condannato a 7 anni e 4 mesi assieme al cognato Antonello Francavilla nell’ambito dell’operazione Gotha, sul traffico di sostanze stupefacenti tra Foggia e il Marocco. Adesso è in attesa del processo in secondo grado. Per la polizia e i giudici che lo spedirono in carcere, il boss avrebbe ospitato due pregiudicati (esistono documenti fotografici) nella sua abitazione in centro. Incontri definiti dagli inquirenti “non occasionali e finalizzati a programmare ulteriori attività illecite“. Ma l’avvocato, nell’evidenziare che in quella palazzina bi-familiare non vive soltanto Sinesi, ha sostenuto che non ci sia alcuna certezza su quegli incontri. I giudici hanno sposato questa tesi rispedendo a casa il figlio di Roberto Sinesi.
Gotha
Il processo è quello riguardante il traffico di droga tra Foggia e Marocco, sgominato a novembre 2013 dagli uomini della DDA. A seguito di quell’operazione, i carabinieri del Comando provinciale sequestrarono numerose attività del clan. Quel blitz svelò un imponente business con il Nord Africa, basato su enormi quantitativi di hashish da immettere sulla piazza.
Sulla tratta Foggia-Marocco giravano parecchi verdoni e, soprattutto, droga. Addirittura 300 i chilogrammi importati per un giro di affari vicino ai 420mila euro. 220mila dei quali finiti dritti nelle tasche del clan. Una storia che vide protagonisti una donna insospettabile, un artista di fiammiferi con un passato da cantante e ovviamente i boss. Nell’ambito dell’ “Operazione Gotha” finirono in carcere, oltre a Francesco Sinesi (classe ’85), Marco Lombardi (classe ’76) e Svetla Slavchova Georgieva (classe ’71). Domiciliari per il 72enne Francesco De Tinno (l’artista) e per Marco Brigido (classe ’82). Antonello Francavilla venne beccato qualche giorno più tardi.
I reati contestati erano quelli di acquisto, importazione, trasporto e detenzione di sostanze stupefacenti e i connessi reati di spaccio di droga, detenzione e porto illegale di esplosivo. Reati aggravati dal metodo mafioso. La novità più importante di “Gotha” fu rappresentata dagli affari col Marocco, partiti, stando agli inquirenti, a marzo 2013. Sinesi e Francavilla avviarono, con la partecipazione dell’intermediario Lombardi, una trattativa con trafficanti marocchini per l’importazione di un ingente quantitativo di hashish.
Money transfer
L’intermediazione venne eseguita da De Tinno (già arrestato a settembre 2013 per spaccio di droga nel suo garage in via Lucera) e da Georgieva. I due si recarono più volte direttamente in Marocco per acquistare l’ingente partita di hashish. L’operazione venne finanziata da Sinesi e Francavilla, organizzatori anche del commercio dell’hashish.
Eccezionali le cautele adottate dal sodalizio. Per evitare problemi, infatti, il clan si serviva di utenze estere, in particolare della “Maroc Telecom”. L’indagine svelò come Francavilla avesse anticipato ai trafficanti marocchini, a titolo di garanzia per il buon esito dell’operazione, la somma di 135.000 euro. Soldi inviati in Marocco ad aprile tramite il canale “Money Transfer”, mentre De Tinno e Georgieva erano “ospiti” dei trafficanti marocchini.
Tuttavia, a causa del maltempo e del sequestro di ingenti partite di hashish lungo le coste spagnole, l’importazione dell’hashish non solo subì notevoli ritardi ma comportò un ulteriore aumento del prezzo dell’hashish. Inconveniente molto fastidioso per Sinesi e Francavilla, costretti a giustificare il ritardo con i sodali che avevano investito somme di denaro nell’operazione. Problema non di poco conto perché nel frattempo altri soggetti introdussero sul mercato qualità di hashish chiamate “Scorpione” e “Gold” creando tensioni nel mondo dello spaccio. La trattativa con i marocchini si sbloccò solo a luglio. Prima De Tinno e poi Lombardi si recarono rispettivamente in Marocco e in Spagna per seguire personalmente l’invio del carico.
L’ostaggio in Marocco
Cinematografico il caso di De Tinno, mandato in Marocco per rimanere a disposizione dei trafficanti. Una sorta di “fideiussione umana”. Infatti Sinesi e Francavilla, non fidandosi degli interlocutori marocchini e temendo di poter essere raggirati, inviarono l’artista-spacciatore a garanzia dell’operazione da vero e proprio “ostaggio”. Solo una volta che il carico sarebbe giunto in Italia il clan avrebbe pagato la restante quota pari a 180.000 euro consentendo, di fatto, il rientro in Italia del 72enne.
L’ “Operazione Gotha” evidenziò come gli affari della “Società” si erano trasferiti altrove. I clan si riorganizzano anche a seguito degli arresti illustri avvenuti negli ultimi anni. Gli occhi delle “batterie” guardavano al Marocco, terra nota per la produzione di hashish d’alta qualità. Ma sembra proprio che le forze dell’ordine, quel novembre del 2013, interruppero sul nascere il nuovo business dei Sinesi-Francavilla tanto che il comandante dei carabinieri, Antonio Basilicata commentò con fierezza: “Abbiamo colpito al cuore il sistema del clan”.