Iniziato stamattina, nel tribunale di Foggia, il processo a carico del viestano Pietro Pastorella, il 36enne che nella notte dello scorso Ferragosto investì uccidendo la 28enne Michela Ragno, sua compaesana. L’uomo è stato rinviato a giudizio. Prossima udienza il 18 maggio. Erano le 5 e 15 di mattina del 16 agosto 2015 quando la giovane morì sul colpo a causa di un’emorragia celebrale in seguito a trauma cranico. Quella notte Pastorella era a bordo della Fiat Panda bianca di sua madre, ed era in compagnia di una ragazza 27enne di Ischitella. Entrambi uscirono illesi dall’impatto. L’uomo aveva un permesso provvisorio di guida rilasciato dai carabinieri in quanto aveva smarrito la patente. La tragedia avvenne sul lungomare di Vieste, all’altezza del villaggio Verdemare. Pastorella e la sua amica stavano tornando verso il centro cittadino dopo una notte al lido “L’ultima spiaggia”. Dall’alcool test il 36enne risultò oltre i limiti consentiti dalla Legge e ora è indagato per omicidio colposo. Devastante l’impatto che scaraventò Michela Ragno a 20 metri dal punto dell’investimento. In passato Pastorella ne ebbe di problemi con la giustizia. Gli venne sospesa la patente per aver circolato senza assicurazione, e fu trovato con tasso alcolemico oltre la norma già nel 2010, quando fu fermato mentre era in sella a una Vespa.
Quella mattina Michela attraversò la strada da destra a sinistra senza riuscire ad evitare l’impatto. Pastorella fermò l’auto per chiamare i soccorsi. “L’ho ammazzata perché andavo forte”, disse alla ragazza che era con lui appena usciti dalla Panda. Con Michela erano presenti alcune amiche che in seguito affermarono che la 28enne era assolutamente “sobria e lucida”. Non lo era affatto Pastorella, trovato in stato di ebbrezza.
La famiglia di Michela, che oggi si batte per avere giustizia, organizzò una fiaccolata a Vieste poche settimane dopo la tragedia, e il fratello Claudio scrisse ai giornali una lettera per ricordare la ragazza. Nel frattempo i parenti della vittima hanno scoperto con terrore gli agghiaccianti post su Facebook pubblicati da Pietro Pastorella nei mesi precedenti all’incidente. Il 36enne non faceva altro che farsi fotografare con bottiglie di birra, cocktail o bicchieri di vino. Esaltava l’alcool tanto da mostrare frasi del tipo: “Mamma ho preso il punteggio massimo al test!” “Quale test?” “L’alcool test”. O addirittura postare la foto della Panda bianca schiantata contro alcuni bidoni della spazzatura e la scritta “Strike!”. Il tutto a poche settimane dalla tragedia che ha segnato per sempre la vita della famiglia Ragno. Oggi i parenti di Michela vogliono giustizia ma si ritrovano ad affrontare un’altra beffa. Il reato di omicidio stradale è stato introdotto solo pochi giorni fa e prevede pene severe per chi, in stato di ebbrezza, ammazza vittime innocenti (il penale non è retroattivo). “La famiglia di Michela è terrorizzata per le pene irrisorie previste in Italia per questi reati” – ci disse il legale dei Ragno -. Inoltre, la sicura richiesta del rito abbreviato da parte del legale di Pastorella ridurrà ancor di più la pena nei confronti del 36enne. Il processo è cominciato ma l’esito sembra già scritto. Intanto l’uomo ha anche riottenuto la patente. “Gira tranquillo in città e parcheggia sotto casa”, ha riferito il fratello della vittima.
I post su Facebook di Pastorella
Il reato di omicidio stradale
La novità principale contenuta nella legge, entrata in vigore a inizio marzo scorso, è l’introduzione dei due nuovi reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali. Per chi si mette alla guida in stato di ebbrezza o dopo aver assunto stupefacenti e causa la morte di qualcuno la pena della reclusione va da 5 a 12 anni. Se l’investitore si dimostra lucido e sobrio, ma la sua velocità di guida è il doppio del consentito, la pena va da 4 a 8 anni. In caso di omicidio multiplo, la pena può essere triplicata ma non superiore a 18 anni. È invece punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chi, guidando non sobrio o non lucido, procura lesioni permanenti.
Nel caso di lesioni aumentano le pene se chi guida è ubriaco o drogato: da 3 a 5 anni per lesioni gravi e da 4 a 7 per quelle gravissime. Se invece il colpevole ha un tasso alcolemico fino a 0,8 g/l o se l’incidente è causato da manovre pericolose la reclusione sarà da un anno e 6 mesi a 3 anni per lesioni gravi e da 2 a 4 anni per le gravissime. In caso di condanna o patteggiamento (anche con la condizionale) per omicidio o lesioni stradali viene automaticamente revocata la patente. Una nuova patente sarà conseguibile solo dopo 15 anni (omicidio) o 5 anni (lesioni). Però nei casi più gravi, se ad esempio il conducente fugge dopo l’omicidio stradale, dovranno trascorrere almeno 30 anni dalla revoca.
Cosa prevedeva la vecchia legge: secondo l’articolo 589 del codice penale, quello sull’omicidio colposo, chiunque causi la morte di qualcuno violando le norme del codice della strada è punito oggi con la reclusione da 2 a 7 anni. Da 3 a 7 anni se il soggetto è ubriaco o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Se le vittime sono più di una, la pena potrà essere aumentata del triplo ma senza superare i 15 anni. La necessità di istituire un reato specifico di omicidio stradale nasce proprio dal fatto che quando le forze di polizia identificano l’autore, sottoporlo a controllo alcolemico o narcotest non ha più molto senso essendo trascorse già ore o giorni dall’evento.