Dal 2008 al 2014 sono stati sequestrati 11.373 prodotti contraffatti in Puglia. Nel dettaglio, si tratta di 3.839 accessori di abbigliamento, 2.457 capi di abbigliamento, 1.886 paia di calzature, 991 occhiali, 478 apparecchiature elettriche, 387 orologi e gioielli, 184 giocattoli e giochi, 68 cd, dvd, 62 profumi e cosmetici, 34 apparecchiature informatiche e 987 merci di varia natura. Dati che rappresentano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che minaccia l’economia legale. È quanto emerge da un’indagine congiunturale, condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanza.
Foggia meglio di Bari
Analizzando le singole province, 3.623 articoli sono stati sequestrati nella provincia di Lecce, 2.621 in quella di Bari, 1.747 in quella di Taranto, 1.709 in quella di Foggia, 1.627 in quella di Brindisi, 47 in quella di Barletta-Andria-Trani. Confartigianato Imprese Puglia evidenzia che il volume d’affari complessivo nel mondo realizzato attraverso le merci taroccate è stimato in oltre di 200 miliardi di euro, un valore che peraltro è in continua crescita. In Italia, primo paese dell’Unione Europea per numero di articoli sequestrati, il Ministero per lo Sviluppo economico stima in 6 miliardi e 924 milioni il valore del mercato della contraffazione. L’aumento della contraffazione ha aggravato le già difficili condizioni delle imprese manifatturiere ed ha concorso a determinare la contrazione delle imprese artigiane.
Mercato in crescita
Secondo il presidente di Confartigianato Imprese Puglia, Francesco Sgherza, “i dati elaborati dal Centro Studi regionale dimostrano con l’evidenza dei numeri che quello degli articoli contraffatti è un mercato sempre florido e in piena attività”. “Le piccole e medie imprese – commenta – sono quelle meno in grado di difendersi da questo fenomeno che arreca danni consistenti e su più livelli specie ad alcune produzioni tipiche del Made in Italy. L’economia irregolare ha un mercato trasversale: riguarda tutta la società e tutta la produzione italiana di valore. Dall’abbigliamento all’agroalimentare, dalla tecnologia ai gioielli. I danni che essa produce – conclude Sgherza – non solo si traducono in minor reddito per gli imprenditori onesti, ma comportano un incremento esponenziale del lavoro sommerso e dell’evasione fiscale. Ciò senza contare che i proventi della vendita di questi prodotti finiscono molto spesso per finanziare organizzazioni malavitose”.