Come viene vissuto il 31 agosto, giorno più importante della festa patronale di Manfredonia, dal cittadino medio? Il palinsesto di eventi offre una collaudata e solida rassegna che intrattiene gli autoctoni dal primo pomeriggio sino alla tarda notte.
Le festività si aprono con il leggendario mortaretto definito in vernacolo “u’calcasse”, che quest’anno viene fatto esplodere alle 17:30, per sancire l’inizio dell’evento più importante dell’intera festività: la “Processione dell’icona della Beata Vergine Maria di Siponto”. In una ritualità ormai centenaria, l’evento consta di una duplice partecipazione: quella devota, in cui numerosi fedeli accompagnano l’icona della Vergine Maria per le vie dalla città, e quella voyeuristica, in cui numerosi astanti osservano attentamente, impalati sulle numerose sedie poste ai margini della strada, lo svolgimento del rito, l’atteggiamento dei devoti, le loro parole, i loro sguardi e il loro abbigliamento.
E’ evidente che tale evento da un lato cementa una tradizione ormai consolidata in cui il credente può vivere un momento di forte intensità emotiva, dall’altro rappresenta un grande momento di ritualità, una sorta di enorme spettacolo collettivo, dove ognuno ha la sua parte: il credente, lo spettatore, le istituzioni, gli scettici e gli atei che non vi prendono parte.
L’altro momento fondamentale della giornata è il grande concerto serale in Piazza Duomo: quest’anno l’ospite è stata Anna Tatangelo. In un classico concerto di festa patronale, la cantante di Sora ha intrattenuto il pubblico con i suoi brani più importanti e famosi, tra cui spicca “Muchacha”, una delle hit dell’estate più mandate in radio e apprezzate dal pubblico.
L’esibizione fluisce dolcemente: i malumori mostrati dal difficile pubblico dell’anno scorso nei confronti di Mango sembrano ormai lontani. Escluso l’ampio gruppo di fan nelle prime file, che si sono guadagnati i primi posti grazie all’occupazione del suolo sin dalle ore 16, la maggior parte del pubblico, composto da anziani e famiglie, ascolta (o subisce) i brani della Tatangelo con pacata indifferenza, mostrando in alcuni momenti addirittura brevi lampi di entusiasmo. Il concerto termina pochi minuti prima di mezzanotte, giusto per dare il tempo alla cittadinanza di organizzarsi per il momento più scenografico della festa patronale: lo sparo dei fuochi d’artificio.
Fuochi che hanno illuminato il Lungomare del Sole, davanti a un’immensa fiumana di gente. Francamente superfluo descrivere le caratteristiche dello spettacolo pirotecnico, vista la loro eterna ripetizione annuale. Resta grande curiosità per l’attaccamento e la partecipazione del pubblico di astanti per un fenomeno ormai inflazionato ed eternamente ripetitivo: un’ulteriore dimostrazione dell’immenso attaccamento della città alla festività e a tutti i suoi riti più rappresentativi.
A questo punto, tra commenti anch’essi stereotipati ma mai ritenuti banali sul giudizio dei fuochi (“erano più belli quelli dell’anno scorso” è un mantra che si ripete ormai ogni anno) la maggior parte dei fruitori della festa patronale, cioè anziani e famiglie, tornano a casa. Solo gli adolescenti, i ventenni nostalgici e gli affetti dalla sindrome di Peter Pan scelgono di far mattino presso le numerose giostre poste per l’occasione nei pressi del mercato Scaloria dove tra poligoni improvvisati, gare di pugni e biglietti con riduzioni per questa o quell’altra giostra, gli instancabili tirano fino all’alba. L’eterno mistero sarà sempre il solito, e sempre impossibile da decifrare: perché questo circolo vizioso non stanca mai?
Certo, a voler analizzare i numeri e la partecipazione, anche quest’anno la festa patronale di Manfredonia non sta deludendo i suoi cittadini. Questo grazie a un meccanismo ormai ben oliato di intrattenimento eterogeneo, che spazia dalla religione alla musica, dallo stupore al divertimento per i ragazzi. Probabilmente, l’immanente ed invariata struttura della festività è garantita anche da una popolazione ormai totalmente assuefatta all’offerta evergreen riproposta anno dopo anno. Ma tant’è: “panem et circenses” è una formula che non scopriamo di certo oggi.