TARANTO – All’alba di oggi i Carabinieri dell’Aliquota Operativa della Compagnia di Taranto hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sette soggetti, residenti presso questo rione Tamburi.
Il provvedimento, emesso dal G.I.P. di Taranto Martino Rosati, è scaturito all’esito di una complessa attività di indagine condotta dai militari dell’Aliquota Operativa, sotto la direzione del sostituto procuratore Enrico Bruschi. I reati contestati sono vari: dal tentato omicidio alla detenzione e fabbricazione di armi clandestine, dall’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti alla ricettazione di carburante, dallo spaccio di sostanze stupefacenti tipo cocaina sino ad arrivare alla violazione delle leggi sull’accisa e al favoreggiamento.
L’attività ebbe origine con il verificarsi di un atto intimidatorio rivolto a una coppia di coniugi incensurati del rione Paolo VI: nel novembre del 2013 costoro si accorsero che durante la nottata ignoti avevano esploso alcuni colpi di pistola all’indirizzo della loro autovettura di famiglia, parcheggiata all’interno dell’area condominiale. Le indagini immediatamente avviate dagli investigatori della compagnia carabinieri di Taranto permisero, attraverso attività tecniche di evidenziare in poco tempo alcuni elementi indiziari volti a identificare un soggetto, Vincenzo D’Andria, 27enne, pregiudicato, quale autore dell’atto intimidatorio. Lo stesso nottetempo aveva sparato alcuni colpi di pistola all’indirizzo del veicolo, danneggiandolo in più parti.
In realtà, durante le varie fasi dell’attività è stato scoperto dagli inquirenti che quell’atto intimidatorio era il secondo dopo un altro evento molto più grave, che era rimasto celato dall’omertà. Tre giorni prima del danneggiamento dell’autovettura, lo stesso Vincenzo D’Andria aveva affrontato la vittima, sempre davanti a un circolo privato, esplodendo contro di lui cinque colpi pistola, agendo per dare a costui una lezione. Il movente era riconducibile a precedenti giudiziari che avevano visto coinvolto il D’Andria, convinto che il suo rivale fosse fonte confidenziale di notizie contro di lui.
L’episodio, rimasto nascosto – sino alle intercettazioni ascoltate – all’analisi e al controllo esercitato dalle Forze dell’Ordine, ovviamente configura il reato di tentato omicidio da parte di Vincenzo D’Andria.
Durante l’attività investigativa, si è avuto poi modo di contestare agli indagati l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti di carburante e alla relativa ricettazione. Nel corso dell’attività d’indagine sono stati quaranta gli episodi di furto di gasolio ad opera dei sodali del gruppo criminale, costantemente organizzato con il precipuo fine di recuperare profitti illeciti. Vittime erano alcune aziende dell’indotto della locale raffineria ENI, che manovrando mezzi pesanti disponevano di ingenti quantità di riserve di carburante. Il gruppo, il cui promotore si identifica sempre nel D’Andria, era composto da quattro soggetti sempre presenti e altri che alternativamente partecipavano ai furti. Sono state poi contestate anche violazioni relative alle leggi sul contrabbando di carbolubrificanti. Gli indagati sottraevano il gasolio da cisterne di aziende private dell’indotto, nonché dai serbatoi dei mezzi pesanti attraverso tecniche di aspirazione. È stato calcolato un ammanco di circa 10mila litri nel totale di un valore pari a 14mila euro circa.
E’ stato, inoltre, documentato lo spaccio di sostanza stupefacente, nello specifico, cocaina. Numerose sono state le circostanze in cui è stata ceduta cocaina dagli indagati e in ogni occasione gli investigatori sono stati in grado di identificare gli spacciatori.
L’indagine ha permesso, infine, di cristallizzare la posizione relativa al padre del D’andria Vincenzo, Giuseppe, già noto alle Forze dell’Ordine. Costui è accusato di fabbricare e detenere, per la successiva commercializzazione in concorso con il figlio, armi clandestine. A riscontro di ciò, nel corso dell’attività sono state eseguite alcune perquisizioni durante le quali sono state sequestrate due pistole a salve (pronte per essere modificate), parti di esse (soprattutto canne) e centinaia di cartucce di vario calibro.
La complessa attività ha avuto il suo epilogo questa notte con l’arresto di:
D’ANDRIA VINCENZO, per tentato omicidio, associazione per delinquere, furto aggravato in concorso, detenzione di armi clandestine, porto abusivo di pistola e lesioni personali aggravate;
D’ANDRIA GIUSEPPE, detenzione e fabbricazione di armi clandestine;
MASSARO GIOVANNI, per associazione per delinquere, furto aggravato e ricettazione;
D’ANCONA GIOVANNI, per associazione per delinquere e furto aggravato;
D’ANCONA COSIMO, per furto aggravato e ricettazione;
GIANNETTI FRANCESCO, per associazione per delinquere e furto aggravato;
BISIGNANO AGOSTINO, per furto aggravato.
Di questi, i primi tre sono stati tradotti in carcere, mentre gli ultimi quattro ai domiciliari.
All’esito delle perquisizioni eseguite questa notte, i militari impegnati nell’esecuzione delle odierne ordinanze, rinvenivano presso l’abitazione di Francesco Giannetti, 29 cartucce cal.6.35 illegalmente detenute.
Numerosi sono gli indagati rimasti a piede libero per altri reati contestati, tra cui favoreggiamento e spaccio di stupefacente.