Lo amavano in molti e lo odiavano in pochi. Lo amavano perfino i non credenti e lo odiavano perfino i fedelissimi. Fedelissimo di un credo così ambiguo da una parte e così semplice e caritatevole dall’altra. Per chi ci crede e per chi no. Don Michele De Paolis era così: caritatevole. Aveva fondato Emmaus, dove ospitava giovani che avevano avuto la sfortuna di incrociarsi con la droga. Ospitava le famiglie povere e i reietti di quella società che va in chiesa la domenica, stringendo i palmi delle mani per chiedere solo per se stessi e mai per gli altri. Un dovere, non una fede. Era un ‘don’ diverso lui. Negli anni settanta e ottanta ha vissuto nel quartiere di Candelaro, quando lì c’erano solo baracche. E una baracca era anche la sua casa e quella di don Tonino Intiso con cui divideva i muri, le finestre, il freddo e il caldo. Come passarsi una borraccia piena d’acqua tra i pezzi di montagna. Per undici lunghi anni don Michele ha accolto lì i suoi fedeli. Voleva stare vicino ai poveri. Per farlo doveva vivere le loro paure, i loro traumi, le loro sofferenze. Da lì l’idea di Emmaus che oggi, in una terra così egoista e indigente, rimane una cattedrale in un deserto di solidarietà e carità. Una cattedrale voluta da lui. Era criticato dai suoi ‘colleghi’ con i cappelli rossi, quelli che vanno in conclave per decidere chi di loro deve prendersi quello bianco. Troppo all’avanguardia. Troppo lontano dai dogmi di una chiesa lenta a crescere, lenta ad interpretare i veri voleri di Dio. Quasi a non volerli riconoscere. Pochi. Pochissimi. E lui lo aveva capito. Come lo aveva capito Papa Francesco che quando l’ha incontrato ha voluto baciargli le mani. Aveva 93 anni travestiti da 25. Diceva messa nei pub, in mezzo ai vigneti, nelle case, nelle scuole e trasmetteva messaggi all’avanguardia. Messaggi che neanche tra due vite capiremo. Chi lo amava, lo amava per questo. Chi lo odiava, lo odiava per lo stesso motivo. Aveva superato le frontiere legate all’omosessualità, alla famiglia del Mulino Bianco. Lui semplicemente aveva capito che tutto ciò che esiste è fragile e va difeso fino alla morte come faceva lui. Una sera di due anni fa, durante uno dei suoi incontri con i più giovani, una ragazza gli disse che si vergognava di lui. Gli disse che non avrebbe dovuto indossare l’abito perché difendeva i diritti degli omosessuali. Lei fu molto dura. Avrà avuto poco più di vent’anni. Lui ne aveva già più di 90 e rispose: “Mia cara, non mi aspetto che tu capisca adesso, ma sappi che Dio ama tutti alla stessa maniera e che lui ha scelto per noi chi essere”.