Le verità di Michele Romito in un verbale di interrogatorio lungo 199 pagine. Il 61enne manfredoniano, arrestato e condotto in carcere nell’operazione “Giù le mani”, ha raccontato la sua versione a giudice e pm. Romito è accusato di tentata concussione in concorso con l’ex assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Manfredonia, Angelo Salvemini. Insieme avrebbero esercitato pressioni sull’ente comunale per evitare (invano) lo smontaggio del ristorante “Guarda che Luna” della famiglia Romito situato sulla scogliera della città. Salvemini è finito ai domiciliari.
L’indagato ha ricordato la lunghissima battaglia amministrativa e penale per il locale, al centro di un iter giudiziario molto articolato. “Signor Giudice, io non so nemmeno da dove iniziare. Potrei rispondere a ogni pagina di quest’ordinanza però vorrei iniziare, non so se iniziare prima dalla struttura o iniziare prima dalle accuse. Io mi sono rivolto a Salvemini, perché… Prima di tutto, mi è stato indicato dal sindaco Gianni Rotice di andare da Salvemini“.
“Mi raccomando, poi dovete dare una mano”
Romito ha ricordato i suoi rapporti con i Rotice, storica famiglia manfredoniana di imprenditori edili. “Io con la famiglia Rotice sono più di 35-36 anni che mi conosco, pensa un po’ che sono stato invitato ai matrimoni dei figli. Siccome io sul Comune, signor Giudice… Sembra che io ho la peste, avevo la peste; anzi, mi dissocio dal cognome e da tutti i fatti criminali della mia famiglia (i fratelli Franco e Mario Luciano sono stati uccisi nella guerra di mafia garganica, ndr), del cognome. Io rispondo dei miei figli, dei miei nipotini e di me stesso, il resto non voglio…”.
Il giudice: “Infatti se avrà letto l’ordinanza io non do risalto a questo, io guardo solo quello che riguardano le condotte che ci interessano in questo procedimento”. Romito: “Sì, però gli altri hanno giocato su questo fatto qua”.
Inevitabile parlare delle elezioni comunali del 2021 che portarono alla vittoria di Gianni Rotice al ballottaggio: “Quando c’è stato il… Dovevano stare le votazioni, io sono uno che la politica non la voglio nemmeno sfiorare, ho la tessera elettorale, vado a votare, basta, mi ritiro a casa; sono stato chiamato da Lino (Michele Rotice, ndr), che io chiamo Lino, che per me ancora oggi dico che è come un fratello. Lino Rotice, fratello di Gianni. Vi dico di più, io abito in una casa del signor Lino Rotice. Io mi sono visto fino alla settimana scorsa e sono andato passeggiando sotto casa sua, io e lui. Mi chiama Lino Rotice e mi dice: ‘Michele, vedi che mio fratello Gianni si deve candidare come sindaco, mi raccomando poi dovete dare una mano’, quando dice dovete, parla di me, dei miei figli, qualche amico e tutto il resto: ‘Dovete dare una mano a mio fratello Gianni’, questo e quest’altro, e io dico: ‘Lino, non mi mettere in mezzo a queste situazioni, io ho tanti problemi miei per la testa, il fatto del ristorante, il fatto che stiamo facendo processi amministrativi, questo e quest’altro’. Mo’, ringraziando il Signore ha fatto la richiesta del tavolo tecnico il prof. Follieri. Voglio spiegare ai Pubblici Ministeri che la richiesta del conflitto di competenza tra gli uffici, il tavolo tecnico, è avvenuta prima delle votazioni; voglio essere chiaro. Poi tutte le domande che volete, vi rispondo a tutto”.
L’incontro nella stanzetta dello stadio
“Mi chiama Lino Rotice e mi spiega questo fatto, io dico: ‘Lino, non mi mettere in mezzo a questi fatti qua’ – ‘Dai, tu lo devi fare per me, lo devi fare per me, Gianni poi tu lo sai com’è’ – ‘Va bene, va bene, poi vediamo, non ti preoccupare'”.
Successivamente, Romito ha ricordato un incontro con i Rotice in una stanza dello stadio Miramare, durante gli allenamenti della scuola calcio. “Mentre vedevamo l’allenamento, stavamo io e il cugino di Rotice, Sventurato Matteo – ex giocatore del Manfredonia insieme a mio fratello Ivan, che giocavano a calcio insieme, era il capitano del Manfredonia; io stavo là, seduto, e arrivano da giù Lino e Gianni Rotice, il sindaco, che all’epoca non era ancora sindaco, però era in procinto il fatto delle votazioni. Entriamo in una stanzetta. Mi fa Gianni Rotice vicino a me: ‘Che hai il telefono dietro?’ – ‘Sì, perché? Cosa è successo?’ – ‘No, no, lasciamo fuori, lasciamo fuori’; ho preso il telefonino io… Stava pure Matteo Sventurato e ha detto: ‘No, a te non ce n’è bisogno però lascialo fuori pure tu’. Prendiamo il cellulare e li mettiamo fuori e dice vicino a me Lino: ‘Ehi, qua mo ti devi dare da fare, dobbiamo aiutare mio fratello a fare… deve uscire al ballottaggio, tutt’insieme, gli amici…’ ho detto: ‘Lino, non mi mettete in queste situazioni, questo e quest’altro’ – ‘No, vedi che devi fare. Dai, Michele, che poi dobbiamo sistemare Manfredonia perché io…’. E ho detto: ‘Va bene, va bene, poi ci vediamo’. E siamo andati avanti così. L’altro incontro l’abbiamo sempre prima delle votazioni, da Lino Rotice, all’ufficio, si trova di fronte… Noi chiamiamo una zona, si chiama Ajinomoto, di fronte c’è l’azienda Rotice Antonio, che però è di Michele Rotice. Vado dentro, vado lì e c’era Lino Rotice; stavamo io, Lino Rotice, Santoro e c’era anche Gianni Rotice e mi ripetono la stessa cosa e io gli dico: ‘Si, ho capito, non ti preoccupare, vi do una mano pure io, vi do una mano con la famiglia’“.
Romito ha spiegato che in fondo l’elezione di Rotice, che indicava come “amico”, non sarebbe stata affatto negativa, anzi. “Qualche volta ho anche detto… ma no perché dice: se fai questo, ti faccio questo; ma non esiste. Io volevo solo i diritti, ma no perché lui doveva diventare sindaco. In me pensavo – perché se devo dire la verità, devo dire la verità; pensavo in me: ‘va un amico, si vede le carte, non è che deve fare un piacere a me, si deve vedere le carte. Una volta che vede che abbiamo ragione o torto, vede tutte le autorizzazioni del Comune, le autorizzazioni della Soprintendenza, la sentenza penale, visto che è ingegnere deve andarsi a leggere… però era un mio pensiero, questo non l’ho mai detto a lui”.
“Mio fratello rischia l’interdittiva antimafia”
A novembre 2021 Rotice vinse al ballottaggio, un successo storico per il centrodestra dopo anni di dominio Pd: “Esce come sindaco e tutto il resto, ci siamo rincontrati sempre da Lino; ho chiesto io l’incontro da Lino, sempre da Michele, dovrebbe essere stato il mese di… non mi ricordo se febbraio o marzo, non mi ricordo bene. Li ho visti impauriti, mi hanno portato dietro il suo ufficio, alle spalle“.
Poi Rotice a Romito: “‘A te e mio fratello la Polizia è passata al distributore – il distributore di Angelo Salvemini, che gestisce la moglie, non so’. Stavamo io e Michele Rotice che stavamo parlando, discutendo, ridendo e scherzando, io e lui. ‘È passata la Polizia e vi ha fatto una foto a tutti e due, mio fratello rischia l’interdittiva antimafia’“, questo il timore palesato dall’allora sindaco a Romito.
“Rotice mi disse: Voi avete ragione al massimo“
“Stavamo io e Michele Rotice che stavamo parlando. Ma scusa, ma io che ho la peste che… non ho capito perché…’. ‘Sì, Michele noi non ci dobbiamo far vedere, questo e quest’altro’. ‘Va bene, come volete voi’. Dopodiché, signor Giudice, Gianni Rotice, io gli dico: ‘Gianni, ma perché state facendo tutto questo che state facendo?’ Mi dà la mano e mi dice: ‘Io ho visto le carte, ho visto tutto, urbanisticamente voi avete ragione’ e ve lo giuro sui miei nipotini: ‘Voi avete ragione, voi vi dovete difendere, tuo figlio si deve difendere dall’interdittiva antimafia, se l’interdittiva antimafia va bene, per quanto riguarda la situazione del comune, i tecnici… abbiamo visto tutto e voi avete ragione al massimo’”.

La registrazione di Salvemini
Salvemini sarebbe entrato in scena dopo: “Perché il sindaco mi ha detto: ‘Da me non devi venire, quando è qualcosa tu con Michelangelo (nipote di Rotice, ndr) vai da Salvemini…’ parlavamo di tutto: amministrativo, questo, quest’altro, sempre riguardo all’autorizzazione paesaggistica. Io ho avuto, che mi vergogno, non voglio nemmeno… Tutti quelli sfoghi, erano dovuti solo e esclusivamente a questo fatto qua ma io, lungi da me signor Giudice, avrei mai potuto fare del male a qualcuno di quelli là; ma non. Nemmeno minimamente a pensare”.
Infine, Romito ha svelato alcune registrazioni di Salvemini che farebbero emergere come quella del “Guarda che Luna” sia stata un’operazione più che altro politica, uno “spot” per legittimare l’amministrazione agli occhi dello Stato e degli elettori stessi. Così Romito: “Queste registrazioni non sono agli atti, devono essere presentate alla Procura; tutte le registrazioni, dalla A alla Z. Le spiego subito, io ne ho solo sentita una con le mie orecchie, anzi due con le mie orecchie, una riguardante sindaco Rotice e una Salvemini. Ecco perché io dicevo ‘metti fuori queste cose qua’ ma non perché uno vuole. Per far capire alla Magistratura o a chiunque, la stessa cosa quando dico vai alla Dia. Non dovevo concordare. Ce l’aveva lui, signor Giudice, me le doveva solo. Ha detto vicino a Salvemini, una registrazione… Ha detto il sindaco vicino a Salvemini – e là c’è il fatto che poi esce a galla il fatto di Santoro, che io dico la verità. Si incontrano giù al tabacchino. Loro cosa fanno? Parlano, Angelo Salvemini lo registra e dice: ‘Angelo, tu ti devi mettere come ti devi mettere, quella struttura là deve essere smontata’; io l’ho sentito con le mie orecchie, ecco perché quella rabbia che avevo dentro di me. Ma io… Perché i miei figli, i miei nipoti, devono patire questo fatto qua? Ecco perché dicevo il fatto del cognome. ‘Deve essere smontata, perché se quella struttura noi non la smontiamo; tu vuoi fare politica, io devo fare politica, se tu quella struttura non la smonti noi non possiamo raccogliere più n’ zippl’. Dalle parti nostre quando uno dice ‘non possiamo raccogliere più n’ zippl’, ci sono tante interpretazioni signor Giudice. Politiche, poi, ‘non possiamo raccogliere più n’ zippl’ che significa? Se tu hai il mensile, quale zippl’ più vuoi raccogliere; queste sono le parole di Rotice”.