Sono soprattutto le infiltrazioni criminali nell’azienda municipalizzata Amtab a far tremare il Comune di Bari, a rischio scioglimento dopo l’invio della Commissione d’accesso agli atti. È lo stesso centrodestra, accusato dal sindaco Antonio Decaro di aver indotto il ministro Piantedosi ad avviare le verifiche antimafia, a battere molto il tasto sull’azienda dei trasporti pubblica.
L’inchiesta “Codice Interno” di poche settimane fa, due ordinanze cautelari e oltre 100 arresti, racconta le manovre del clan Parisi, il più potente di Bari, proprio nell’Amtab, una società quasi alla mercé della malavita.
Nel mirino della magistratura gli indagati Tommaso Lovreglio, Massimo Parisi e Michele De Tullio. I tre avrebbero imposto assunzioni a tempo determinato in Amtab anche “in occasione della Fiera del Levante del settembre 2018 e successivamente”.
Avrebbero inoltre fatto riferimento “alla necessità di rispettare una gerarchia di fatto all’interno dell’azienda municipalizzata Amtab spa di Bari – scrivono gli inquirenti -, imposta dal clan Parisi piuttosto che derivante dalle effettive cariche sociali”. L’intercettazione: “Il presidente non è il padrone, il presidente! Bel bel eh. Padroni non ce ne stanno. Qui nessuno è padrone. C’è solo un rispetto e basta. Il rispetto reciproco“.
Il clan avrebbe inoltre assicurato al presidente Amtab “la protezione mafiosa sul territorio (“e là chi deve coprire in mezzo alla strada? A parole? Digli ‘fallo, fallo tu'”), così da mantenere uno status quo favorevole alla organizzazione”.
I Parisi avrebbero conseguito “l’ingiusto profitto di imporre l’assunzione a tempo determinato da parte della società di lavoro interinale ‘Lavorint spa Agenzia per il Lavoro’ operante per conto della ‘Amtab spa’ di persone vicine o comunque imparentate con esponenti del clan Parisi di Bari, con pari danno per la società Amtab spa”.
In particolare “imponevano a Del Core Giovanni – riportano ancora gli inquirenti -, all’epoca responsabile dell’area sosta dell’Amtab spa, l’assunzione di Carrassi Luigi (fratello di Francesca, moglie di Lovreglio Vito, a sua volta fratello maggiore dell’indagato Lovreglio Tommaso), con contratto di lavoro a tempo determinato, da svolgersi presso l’impresa utilizzatrice, denominata A.M.T.A.B. azienda mobilità e trasporti Bari S.p.a”.
Poi l’assunzione “di Parisi Annaclena (figlia di Parisi Massimo e cugina dell’indagato Lovreglio Tommaso), con contratto di lavoro a tempo determinato, presso l’impresa utilizzatrice, denominata Amtab”.
E ancora: “Lovreglio Annarosa (figlia di Lovreglio Battista e Cardinale Filomena, sorellastra dell’indagato Lovreglio Tommaso), con contratto di lavoro a tempo determinato, presso l’impresa utilizzatrice, denominata Amtab”.
La lista tracciata dagli inquirenti prosegue con “Stringano Iolanda (moglie di De Tullio Donato, cugino dell’indagato Lovreglio Tommaso, in quanto, la madre di De Tullio è Lovreglio Maddalena, sorella di Battista, quindi zia di Lovreglio Tommaso), con contratto di lavoro a tempo determinato” sempre presso Amtab.
Infine, “Gargano Tommaso (cugino di Lovreglio Tommaso, nipote di Parisi Massimo e nipote diretto di Parisi Savino – il boss dei boss detto “Savinuccio” – in quanto figlio della sorella Parisi Caterina) con contratto di lavoro a tempo determinato con inizio il 20.6.2019 e fine l’1.10.2019 per poi riprendere dal 20.8.2020 a tutt’oggi, da svolgersi presso l’impresa utilizzatrice, denominata A.M.T.A.B. azienda mobilità e trasporti Bari S.p.a”.
Per gli indagati c’è l’aggravante dell’articolo 416 bis.1 c.p., “per aver agito attraverso l’intimidazione derivante dal vincolo associativo” e “inducendo Del Core ad accettare supinamente le richieste, nonostante le difficoltà rappresentate, nonché allo scopo di agevolare, attraverso le assunzioni, la vita del clan e la sua operatività sul territorio, in tal modo garantendo un accrescimento del prestigio criminale di esso e l’infiltrazione di uomini vicini ad esso nel tessuto amministrativo ed economico locale attraverso un sistema di assunzioni clientelari, comunque gestite dalla organizzazione e volto ad avvantaggiare la stessa”.
Per il gip Ferraro che firma l’ordinanza “gli elementi indiziari forniti dall’accusa si presentano particolarmente chiari essendo costituiti da intercettazioni già di per sé eloquentemente univoche e non soggette a interpretazioni alternative, nonché da elementi documentali che dimostrano la significativa presenza nell’Amtab di parenti di affiliati del clan Parisi. Il tenore delle conversazioni, peraltro, manifesta come gli indagati agivano nella totale convinzione di poter disporre della società uti dominus, potendo decidere chi doveva essere assunto e in quale ordine”.
Del Core si sarebbe mostrato “del tutto sottomesso al Lovreglio, il quale mostrava sicurezza nel riferire che avrebbe a sua volta parlato lui stesso con i vertici dell’Amtab perché non potevano comportarsi come se la società fosse la loro – si legge ancora -. Inoltre, alla fine dell’incontro tra il Lovreglio e il Del Core, il primo otteneva ciò che voleva, ossia l’assunzione di tutti e cinque i soggetti da lui indicati, compreso lil Carrassi (peraltro quest’ultimo nel settore che il Lovreglio stesso aveva deciso non ammettendo, quindi, neanche parziali discostamenti dai suoi dictat)”.
Secondo il giudice, “il risultato raggiunto manifesta la reale indole degli indagati, i quali solo apparentemente discutevano con Del Core, mostrandosi dapprima comprensivi e ascoltando l’interlocutore, per poi comunque restare fermi nelle loro pretese. Sia il Lovreglio che il De
Tullio, al fine di raggiungere lo scopo perseguito, proferivano minacce, talvolta velate, talaltra più esplicite, insinuando la prospettazione di rischi che avrebbero corso senza la loro protezione”.