C‘è una “spedizione punitiva” come tesi accusatoria a carico dei dieci agenti della Polizia Penitenziaria di Foggia arrestati nelle scorse ore dai carabinieri. Nel mirino due detenuti, G.R. e F.M., il primo – soprattutto – ritenuto particolarmente problematico, con patologie psichiatriche.
Sono finiti ai domiciliari con le accuse a vario titolo di violenze, torture e atti falsi per nascondere i pestaggi, Giovanni Di Pasqua, 56 anni di Foggia, Vincenzo Piccirillo, 53 anni di Stornara, Flenisio Casiere, 38 anni di Foggia, Nicola Calabrese, 50 anni di Lucera, Pasquale D’Errico, 28 anni di San Giovanni Rotondo, Raffaele Coccia, 38 anni di Lucera, Giuseppe Toziano, 26 anni di Foggia, Vittorio Vitale, 54 anni di Lucera, Annalisa Santacroce, 47 anni di Volturino e Massimo Folliero, 52 anni di Lucera.
Sotto inchiesta medici e la psicologa
Altre cinque persone risultano indagate, per tre di loro è stata rigettata la richiesta di misura cautelare, si tratta del medico della casa circondariale A.I., della psicologa del carcere S.L. e dell’agente M.D.L.. Indagati, ma per loro non è stata avanzata alcuna richiesta, altri due medici R.C. e F.B..
I medici avrebbero attestato falsamente di aver visitato i ristretti picchiati mentre la psicologa, pur avendo appreso dal detenuto D.B. che le vittime erano state aggredite da alcuni poliziotti penitenziari, avrebbe omesso di attestare di aver ricevuto tali dichiarazioni e, pur avendo appreso nell’esercizio della sua professione sanitaria, dei delitti contestati agli agenti arresti, avrebbe omesso di riferirne alle autorità. La donna, interpellata dal dirigente della Penitenziaria sulle vicende di violenza, gli avrebbe inoltre riferito di non sapere nulla dell’accaduto.
La denuncia del “massacro”
Tutto sarebbe partito il 17 agosto dello scorso anno quando al tribunale foggiano giunse la missiva del detenuto D.B., lo stesso che aveva parlato dei pestaggi alla psicologa, con un atto di querela nel quale si diceva pronto a testimoniare in merito al “massacro e al sanguinoso pestaggio che hanno cagionato gravissimi danni alla salute dei detenuti G.R. e F.M.”.
Nonostante il mittente fosse D.B., la lettera conteneva un manoscritto di G.R. con scritto in oggetto: “Querela contro l’ispettore (nome Di Pasqua), il brigadiere del turno e altri agenti, tutti appartenenti al corpo della polizia penitenziaria di Foggia che il giorno 11 agosto 2023 mi hanno torturato violentemente con calci e pugni, con pestaggio sanguinoso“.
Le violenze sarebbero durate dalle 8:30 alle 9:15: “Ci sono le telecamere – scrisse nella missiva -. La stessa cosa (lo stesso pestaggio sanguinoso) hanno fatto contemporaneamente con il mio compagno di stanza. L’ho visto sanguinare e massacrato”.
Subito venne sentito dal pm al quale G.R. raccontò le violenze. “Di Pasqua mi colpì con uno schiaffo che mi fece volare gli occhiali sotto il tavolo. Poi mi buttarono sul letto e mi colpirono in testa e nel costato destro. Il brigadiere quello biondino con il suo ginocchio mi colpì forte due tre volte nel costato destro perché lui sta insieme all’ispettrice Santacroce dinanzi la quale io mi autolesionai il giorno prima. Questo fatto che quei due stanno insieme me lo disse l’appuntato, quello con gli occhi celesti basso che lavora all’ufficio di fronte al Sert. Quello mi disse che il brigadiere ce l’aveva con me perché io avevo offeso l’ispettrice Santacroce tagliandomi in sua presenza. Mi ricordo che mi fecero firmare delle dichiarazioni con le quali io assicuravo che non mi avevano fatto niente. Mi dissero ‘firma perché altrimenti te ne vai al carcere di Perugia’. Di Pasqua mi disse pure il comandante non c’è più, non verrà più e avrebbe comandato sempre lui. E io lì mi spaventai. lo mi spaventai sia del trasferimento a Perugia sia del fatto che non avrei potuto parlare più con il comandante, allora firmai”.
E infine: “Di Pasqua mi disse che se lui avesse raccontato ai detenuti foggiani che mi ero tagliato davanti all’ispettrice Santacroce, mi avrebbe fatto picchiare dai detenuti foggiani. Mi disse pure che lui si fa volere bene dalla mafia di Foggia e non perché fa entrare i cellulari e il fumo ma perché si comporta da uomo e nessuno lo tocca“.
Una “furia covata giorno dopo giorno”
Dall’ordinanza del gip Protano, 96 pagine di ricostruzioni, foto e testimonianze, emerge un quadro allarmante sulla situazione del carcere foggiano. Spunta, come anticipato, una presunta “spedizione punitiva” ai danni di G.R. sul quale gli agenti avrebbero mostrato intenti ritorsivi e la volontà di dargli una lezione “a causa ed a seguito delle sue sfrontatezze intimidatorie” ai danni della vice ispettrice Santacroce.
“Gli agenti – si legge nelle carte dell’inchiesta – avevano sperimentato ben altro e molto altro che aveva potuto accendere i loro animi di una furia ed insofferenza, covata giorno dopo giorno, volta a ridurre una volta per tutte quel detenuto ingovernabile nei ranghi di un contenimento forzoso”. G.R. era “divenuto di certo molesto – è riportato nell’ordinanza -, inviso, sgradito dal personale penitenziario, che non a caso ne sollecita in più occasioni un nuovo trasferimento ad altro Istituto, e deve aver generato una diffusa nervosa intolleranza“.
Oltre alle attestazioni false, ci sarebbe il tentativo di inquinamento probatorio da parte del “gruppo punitivo”. L’ispettore Di Pasqua avrebbe tentato di visionare ed eventualmente disperdere o eliminare i video presenti nella “sala regia” con “la prova schiacciante della propria azione”.
L’omertà
E torniamo a D.B.: il detenuto avrebbe raccontato a uno dei medici di aver assistito a dei fatti “orribili” ai danni delle due vittime e pertanto “necessitava di un incontro con uno specialista psicologo per curare lo stato di malessere ed ansia che quella traumatica esperienza gli aveva provocato. Nella circostanza della visita, il medico A.I. gli avrebbe riferito l’intenzione di annotare sul registro sanitario la necessità dello psicologo perché aveva assistito all’aggressione di due detenuti da alcuni agenti della Polizia Penitenziaria, senza tuttavia riportare i nomi. A distanza di qualche giorno D.B. riusciva ad incontrare la psicologa in servizio presso la struttura”. L’indagata S.L. gli avrebbe però risposto “queste dichiarazioni non devi farle a me, devi farle in altre sedi”.
Si legge sempre nell’ordinanza: “La dimostrazione dell’avvenuto incontro si trae dalla consultazione del registro ‘Psicologa 2023’ in uso all’indagata che, alla data del 14 agosto 2023, riportava effettivamente la (laconica) attestazione dell’incontro con D.B.. Dall’esame del registro si evince che per tutti i detenuti la dottoressa riportava l’indicazione su quanto riferito dal singolo paziente durante il colloquio, ad eccezione dell’appena citato. Questa lacuna, se valutata insieme alle dichiarazioni di D.B. circa la denuncia da lui sporta presso la dottoressa (e, comunque, anche alla luce delle altre condotte da questa tenute, che dimostrano la sua conoscenza della vicenda), inducono a ritenere che l’indagata nella sua qualità di pubblico ufficiale abbia omesso di riportare dichiarazioni da lei ricevute e, al contempo, di denunciare una vicenda che poteva assumere i caratteri del delitto procedibile d’ufficio”.
Secondo quanto scritto nell’ordinanza del gip, “la condotta della psicologa non sembra sia stata indotta dagli altri indagati”, ma avrebbe “mantenuto un atteggiamento spontaneamente omertoso”.