7 misure cautelari sono state eseguite dai finanzieri della Compagnia di Manfredonia a carico di altrettanti indagati, tra cui alcuni funzionari pubblici in servizio attualmente o in passato presso il comune sipontino ed una società partecipata, per le ipotesi di reato di estorsione, concussione e corruzione, peculato, falso, lesioni personali, minacce e violenza privata. Tre i filoni d’indagine diretti dalla Procura della Repubblica di Foggia.
Ase tra violenze e minacce
Il primo filone è relativo ad episodi di violenza ed intimidazione che sarebbero stati posti in essere nell’ambito di un’azienda municipalizzata del comune di Manfredonia, l’Ase che si occupa di rifiuti.
Secondo quanto emerso dalle indagini, uno degli indagati (Michele Fatone), dipendente dell’azienda pubblica, avrebbe costretto altri dipendenti dell’ente ad effettuare interventi di bonifica e lavorazioni presso terreni a lui riconducibili avvalendosi dei mezzi e dei materiali della municipalizzata, paventando, in caso di rifiuto, conseguenze negative attraverso minacce dirette o del proprio intervento presso gli organi dirigenziali o esponenti politici locali.
In altri casi l’indagato si sarebbe appropriato di materiali dell’azienda pubblica per soddisfare le proprie personali.
L’indagato, destinatario della misura custodiale in carcere, ed il figlio (Raffaele Fatone), anch’egli dipendente della municipalizzata e destinatario della misura degli arresti domiciliari, avrebbero anche aggredito uno dei responsabili del personale, Manzella procurandogli lesioni gravi con calci, pugni al volto e continuando a colpirlo era riverso in terra. Ciò a seguito del rifiuto di aderire ad un’imposizione dei due inerente i turni di servizio del più giovane.
Anche l’amministratore dell’azienda pubblica sarebbe stato minacciato per costringerlo a ritirare il provvedimento con cui l’indagato veniva adibito a mansioni diverse, corrispondenti al suo effettivo inquadramento.
Le pompe funebri
Il secondo filone d’indagine è riguardante l’autorizzazione all’esercizio di un’attività di onoranze funebri da parte di una persona (Grazia Romito) già destinataria di provvedimento interdittivo antimafia, disposto dalla Prefettura di Foggia, e che, per il tramite di un prestanome (R.L.), avrebbe eluso il divieto proseguendo nell’attività di impresa.
La donna è stata sottoposta alla misura degli arresti domiciliari, il secondo al divieto di dimora nel Comune di Manfredonia.
In tale contesto viene ad evidenza il ruolo di un ex assessore Angelo Salvemini (per lui arresti domiciliari) in carica dal 2021, che avrebbe avuto un ruolo attivo sollecitando la struttura amministrativa al rilascio dell’autorizzazione, inducendo in errore la dirigente responsabile ed i funzionari addetti ai controlli antimafia sull’effettiva conduzione dell’attività funebre e sull’assenza di motivi ostativi.
“Guarda che Luna”
Il terzo capitolo d’indagine attiene, invece, alla vicenda di un noto ristorante manfredoniano, “Guarda che Luna” riconducibile ad altro indagato (Michele Romito) ed alle azioni finalizzate a contrastare la sua rimozione.
In primis, con minacce implicite ed esplicite fondate anche sulla propria fama criminale personale e familiare, l’indagato (oggi destinatario della misura cautelare della custodia in carcere), amministratore di fatto del ristorante, avrebbe esercitato pressioni sulla struttura amministrativa e sull’apparato politico del Comune di Manfredonia per evitare lo smontaggio del manufatto abusivo.
Tutto ciò sarebbe avvenuto con la collaborazione attiva dell’ex assessore che, in virtù del suo ruolo, avrebbe carpito informazioni all’interno del comune riferendole al primo e concordando insieme tutte le iniziative da adottare.
Le minacce sarebbero state indirizzate anche nei confronti di funzionari, tecnici ed esponenti politici. Tali pressioni sarebbero state esercitate anche avvicinando, per il tramite dell’ex assessore, altri esponenti politici della maggioranza per indurli a mutare orientamento sulle posizioni assunte.
L’intimidazione nei confronti dei funzionari comunali proseguiva da parte dei due indagati quando, nel mese di gennaio 2023, iniziavano le operazioni di rimozione, con insulti e prospettazioni di gravi conseguenze per la loro incolumità. Le minacce sarebbero state proferite anche all’interno degli uffici comunali. Inoltre, alla Polizia Locale sarebbe stato ordinato, da parte dell’assessore indagato, di non dare assistenza alla dirigente incaricata di tale attività.
Le azioni di salvataggio mediante l’attività indebita di ostruzionismo allo smontaggio della struttura illegale sarebbero passati, altresì, attraverso il tentativo di avocare il procedimento ad altro settore del comune, ove erano inquadrati funzionari e dirigenti sottoposti alla direzione politica dell’assessore indagato.
Tale tentativo veniva posto in essere mediante lo scambio di utilità tra l’assessore indagato ed il segretario comunale pro tempore (G.G.M.), destinataria della misura di interdizione dai pubblici uffici o servizi per 12 mesi.
Un ulteriore tentativo di bloccare le operazioni di smontaggio della struttura sarebbe stato posto in essere dall’ex assessore, esercitando pressioni su un funzionario della Polizia Locale, per costringerlo al sequestro dell’area, in modo tale da impedire che le operazioni fossero portate a termine.
Altro funzionario dell’ufficio tecnico comunale ed un dirigente della Polizia Locale, non destinatari di misura cautelare, sono indagati perché si ritiene abbiano reso false dichiarazioni al Pubblico Ministero o taciuto in parte ciò che sapevano.
“Va precisato che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminare e gli indagati non possono essere considerati colpevoli fino all’eventuale pronuncia di una sentenza di condanna definitiva”, ricordano i finanzieri in una nota.