Era il più influente e carismatico dei due, anche a detta del fratello Ciro, ma ora Giuseppe Francavilla detto “Pinuccio Capellone”, testimonia contro i suoi ex alleati. Oggi, infatti, il 46enne pentito è stato sentito nel tribunale di Bari, collegato in videoconferenza da una località protetta, per il processo “Game Over”. Gli imputati complessivi sono 85, uno ha chiesto di patteggiare mentre 63 hanno optato per l’abbreviato davanti al gup di Bari. Per altri 21 giudizio a Foggia.
Dopo Ciro, sentito pochi giorni fa, è stata dunque la volta del fratello minore Pino che nella “Società Foggiana” rivestiva un ruolo predominante sia all’interno del clan Sinesi-Francavilla che in tutto lo scacchiere dell’organizzazione criminale. Stando al resoconto tracciato dal neo collaboratore di giustizia, i clan decisero di unirsi per spartirsi i proventi del traffico di droga in città. Nacque un vero e proprio “consorzio”, durato all’incirca dal 2014 al 2016, ma le imputazioni partono dal 2017, organizzato tra esponenti dei Sinesi-Francavilla e del clan Moretti-Pellegrino-Lanza.
Ma come già spiegato da Ciro Francavilla, il tentato omicidio del capomafia Roberto Sinesi del 6 settembre 2016 al rione Candelaro ruppe gli equilibri tra i boss. In buona sostanza, saltò tutto. “Si era rotta l’unità”, ha spiegato oggi il pentito. Dopo l’attentato, infatti, ci sarebbe stata una mera suddivisione degli spacciatori.
Giuseppe Francavilla sarebbe rimasto a capo di un gruppo ristretto di pusher, responsabile di una lista di 7-8 persone consegnatagli da Alessandro Aprile detto “Schiattamurt”, altro membro di rilievo dei Sinesi-Francavilla, ritenuto tra i più attivi nella gestione del narcotraffico locale.
Stando alla ricostruzione fornita dal collaboratore di giustizia, il gruppetto di spacciatori avrebbe dovuto acquistare mensilmente lo stupefacente soltanto da lui, Rollo e Folliero. Nel 2018, invece, avrebbe lasciato, ad almeno uno di loro, maggiore libertà di approvvigionamento previo riconoscimento del “punto”.
Quanto ai fornitori, spesso si sarebbero riforniti da Rodolfo Bruno, il cassiere della “Società” ucciso in un’area di servizio il 15 novembre 2018. Altre volte avrebbero comprato droga dai cerignolani. Tra gli imputati, infatti, spicca Vincenzo Fratepietro detto “Enzo Cerottino”, catturato poche settimane fa dopo un periodo di latitanza ed accusato di essere stato uno dei maggiori grossisti di stupefacente per i boss foggiani.
Infine, Pinuccio ha descritto in breve il fratello Ciro spiegando che aveva una posizione più defilata in quanto più “menefreghista”: gli interessavano soltanto i soldi.