Due nuovi “cantanti”, come si dice nel gergo criminale, per la mafia foggiana. D’altronde il periodo è sanremese solo che qui non si tratta di canzoncine d’amore, bensì di sangue, affari e vendette.
Hanno parlato i fratelli Ciro e Giuseppe Francavilla detti rispettivamente “Capellone” e “Pino Capellone”, 50 e 46 anni, neo pentiti della malavita locale. Le loro dichiarazioni agli inquirenti sono destinate a sconquassare il castello dei tre clan della “Società”, i Sinesi-Francavilla di cui facevano parte in posizione verticistica, i Moretti-Pellegrino-Lanza e i Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese.
“Ho intenzione di collaborare con la giustizia perché voglio cambiare vita – ha esordito Ciro Francavilla -, cioè voglio fare… non voglio che i miei figli vengono in questi posti, li voglio… perché i miei figli non… è tutta un’altra cosa, sono stati abituati diversamente, grazie a mia moglie e ai miei suoceri”.
Poi ha confermato di aver fatto parte dei Sinesi-Francavilla e di essere già stato sottoposto al 41 bis. In seguito ha parlato della volontà dei clan di unirsi per gestire il traffico di droga in città, vicenda emersa nel maxi blitz “Game Over” di pochi mesi fa con una ottantina di arresti.
“Una mattina ci siamo incontrati io, Giuseppe Francavilla, Alessandro Aprile, Antonio Salvatore, i due Fratelli Lanza… Savino e Leonardo, poi c’era presente Ciro Caione, Gianluca Locampo… ehm… una quota doveva andare a Rodolfo Bruno ed una quota andava a Vincenzo Antonio Pellegrino e Rocco Moretti “il porco”. Stavamo in una stradina di via Arpi. Quando è stato costruito il sistema della droga, il cosiddetto ‘consorzio’, c’era presente anche Pasquale Moretti. Mise 20mila euro, 10 per lui e 10 per Vincenzo Pellegrino. Venne deciso di fare un consorzio per vendere la cocaina come grossisti. Dovevamo mettere una quota di 10mila euro a testa per acquistare determinata cocaina. Questi soldi glieli abbiamo dati in mano ad Alessandro Aprile e Leonardo Lanza. Tutte le persone che avevano messo la quota di 10mila euro, prendevano 10mila euro al mese“. Soldi che sarebbero stati recapitati in via Arpi ai due “Capelloni”. Questo flusso di denaro sarebbe durato almeno 8 mesi, prima dell’arresto per una vicenda estorsiva.
Nonostante il carcere, i fratelli avrebbero continuato a percepire soldi, 5mila euro al mese invece di 10mila. “La cifra si era abbassata perché le cose cominciavano a non andare bene”.
La fase dei 5mila al mese sarebbe stata gestita da Roberto Russo detto “Il Colombiano” e Alessandro Scopece detto “Cinghiale”, entrambi morti ammazzati nel 2022.
Ci pensò lo Stato nel 2018 a fermare il business dei clan con l’operazione “Decima Azione” che mise fine, almeno per quel periodo, agli incassi mensili dovuti agli stupefacenti.
Capitolo estorsioni
Incalzato sul racket, Ciro Francavilla ha spiegato: “Di estorsioni, ci mandavano 4mila euro di C. (cita una macelleria). Noi quelli prendevamo. Ce li portava Franco Tizzano“. Il 50enne mafioso ha anche specificato che il fratello Giuseppe era anche più attivo di lui: “Gestiva tutto. Lui gestiva le liste della droga. Con Franco Tizzano gestiva… a volte gestiva la lista delle estorsioni. È un pochettino più… carismatico”.
Ha infine ricordato vecchi dissidi con Giuseppe Spiritoso alias “Papanonno”. “Gli abbiamo tolto la lista. Io ed Antonello Francavilla (cugino del pentito, ndr) gli abbiamo tolto la lista dei costruttori“.
Le verità di Pinuccio Capellone
Pochi giorni dopo, ecco l’interrogatorio di Giuseppe Francavilla. “Le mie attività? Pompe funebri, fioraio. Ho deciso di collaborare per dare un futuro migliore a mia moglie e ai miei figli e per una rottura con il mio parente, Antonello Francavilla”. Una frase che rompe gli schemi rispetto alle solite motivazioni dei pentiti e che va ad intaccare quei legami di sangue propri del vincolo familistico della “Società Foggiana”. Al momento top secret i motivi di questa rottura con il cugino.

“Tutto parte nel 2013 – ha ricordato nel parlare del narcotraffico -, con la scarcerazione mia e di Pasquale Moretti. Ci incontriamo per definire un po’ tutta la situazione, di stare tranquilli e tutte le situazioni… cioè, di non farci la guerra in quel momento. All’epoca chi faceva il fumo era Francavilla Antonello e Sinesi Francesco e si facevano anche un po’ di cocaina, non monopolizzata, ma spacciavano, cioè spacciavano anche loro. Si era aperta questa società, nel senso di imporre a Foggia ‘il sistema’, cioè di non far spacciare più a tutti gli spacciatori, ma venirla a prendere solo da un unico canale, ché la responsabilità se la prese… gliela demmo in mano ad Alessandro Aprile e a Leonardo Lanza. Tutti gli spacciatori dovevano venire o da me, o da Moretti, o da Lanza, o da Aprile, o da… cioè, queste erano le spartizioni”.
Ad entrambi i “Capelloni” sono state sottoposte le foto segnaletiche di numerosi boss e affiliati alla “Società Foggiana”. Hanno confermato di conoscere quasi tutti i componenti indicando legami e ruoli. La sensazione è che i loro racconti di mafia siano solo all’inizio.