Il momento di Antonio “Baffino” Quitadamo è giunto. Dopo tanta attesa, il pentito di maggior rilievo della mafia garganica è stato sentito nel processo “Omnia Nostra” contro il clan Lombardi-Scirpoli-Raduano. A Foggia, dove si sta svolgendo il rito ordinario (in abbreviato ci sono già state le prime condanne), il 48enne Quitadamo, nome storico della malavita di Mattinata, si è rivelato un fiume in piena. In collegamento da una località protetta, il collaboratore di giustizia ha svelato molti retroscena sulla criminalità del promontorio. La scelta di pentirsi, scaturita molto probabilmente dalla volontà di evitare il carcere, è stata motivata con una frase molto frequente: “Mi sono pentito per dare un futuro ai miei figli, altrimenti facevano la fine che ho fatto io”. Ma è difficile pensare che dopo tante efferatezze, un personaggio come Quitadamo abbia così nettamente modificato la sua visione delle cose.
“Ho partecipato a tre lupare bianche e due omicidi – ha ammesso -. Io ho sempre lavorato nella vita, facevo l’allevatore, purtroppo ho intrapreso una strada più grande di me e mi è piaciuta pure, non do la colpa a nessuno e ho cominciato a delinquere conoscendo soggetti del mio paese, dei paesi limitrofi, fino a che abbiamo creato un’associazione“.
Le famiglie delle vittime di lupara bianca vivono da anni uno stato di angoscia e pretendono di conoscere la verità
Le lupare bianche
Sulle lupare bianche, ovvero la sparizione totale delle vittime, c’è il segreto istruttorio e presto potrebbero giungere novità sulle indagini. Durante la deposizione, “Baffino” ha citato Francesco Li Bergolis detto “Faccia di pecora”, definito “un nemico”, scomparso nel 2011, con il quale c’era una diatriba per questioni di animali. Sulla fine di Libergolis, Andrea Quitadamo, fratello minore di Antonio, ha svelato che l’uomo fu sequestrato e ucciso a pietrate. Il cadavere non è mai stato recuperato.
Intanto altre famiglie vivono nell’angoscia da anni. Attendono la verità i parenti di Angelo Iaconeta, scomparso da Mattinata nel 2003, di Francesco Armiento, svanito nel nulla nel 2016 sempre a Mattinata e di altri ancora. “I parenti di Iaconeta – fa sapere il legale della famiglia Pierpaolo Fischetti – si augurano che le rivelazioni dei pentiti possano riaccendere i riflettori dello Stato sulle sorti del proprio caro e restano fiduciosi nella Magistratura”.
L’oro del blindato e i contatti con i calabresi a Milano
“Baffino” ha indicato i capi: “Su Mattinata stavamo io, mio fratello Andrea, Notarangelo Francesco, Scirpoli Francesco e il defunto Pio Francesco Gentile. Su Manfredonia stavano Ricucci Pasquale, Lombardi Matteo, La Torre Pietro. Facevamo rapine ai portavalori, omicidi, droga, armi. Prima stavamo su Mattinata e Manfredonia, una buona parte di San Marco in Lamis, poi nel 2017 ci siamo alleati con quelli di Vieste, con il clan Raduano-Della Malva. Il gruppo contrapposto al nostro era quello dei Li Bergolis-Miucci“.
Il pentito si è soffermato lungamente sugli assalti ai blindati, in particolare su quello avvenuto nel 2016 a Bollate vicino Milano per il quale ci sono state condanne definitive per gli autori tra i quali lo stesso Quitadamo e Scirpoli. Un colpo da circa 4 milioni di euro in gioielli Bulgari. “Di solito andavamo due di Mattinata, due di Manfredonia, due di San Marco, le persone sempre quelle erano. Per la rapina di Bollate c’era uno di Cerignola e uno di Barletta se non mi sbaglio, ma non li conosco neanche, D’Abramo Giancarlo e un altro”.
Dalla deposizione emerge che Quitadamo avrebbe intascato poco o nulla di quel colpo: “Quando io mi dovevo consegnare c’avevamo nascosto tutto l’oro della rapina io e Scirpoli, poi l’ho spostato e l’ho messo da un’altra parte. Poi ho detto a Scirpoli: ‘Che dobbiamo fare con questo oro?’. Dice: ‘No, quando uscite decidete’. Mi sono consegnato, dopo tre giorni mi hanno mandato a chiedere l’oro, dice che lo volevano acquistare, stavano dei calabresi che lo volevano acquistare e ce l’ho consegnato l’oro. Dissi a Scirpoli e Gentile dove stava nascosto e se lo sono andati a prendere. Era la maggior parte tutto Bulgari. Mi è rimasto un anello di 3-4mila euro che poi ho consegnato alla Dda”.
Ma di quei preziosi “Baffino” non ha saputo altro: “L’oro poi è svanito nel nulla. Non ho saputo più niente. Mi hanno detto testuali parole: ‘Mo ci andiamo a prendere l’oro, l’8 dicembre del 2017 ti portiamo la tua quota’, che c’avevo due quote, la mia e quella di Ciuffreda Leonardo, che Ciuffreda l’ho portato con me per prendere due quote, che mi dovevo fare la casa, ma io non ho visto mai niente. Scirpoli e Gentile mi hanno mandato a dire tramite miei familiari: ‘Consegnaci l’oro, che l’8 dicembre ti mandiamo la tua quota’, ma la mia quota non è mai arrivata”.
I soldi del colpo al blindato in possesso di un calabrese che aveva un locale vicino al Duomo di Milano
E ancora: “Con Scirpoli poi ci siamo incontrati il 2020 a Milano Opera, che c’avevamo il processo della rapina e mi ha promesso che era tutto a posto, i soldi miei, ha detto. Scirpoli disse, perché il primo di luglio facemmo il processo e stava uscendo la sentenza, ‘Se usciamo oggi andiamo a prendere direttamente i soldi’, ‘Dove stanno i soldi?’, ‘Stanno qua a Milano, ce l’ha un calabrese, Raffaele’, questo Greco Raffaele (non risulta indagato per queste vicende, ndr) c’aveva un bar o un ristorante vicino al Duomo di Milano, ha detto: ‘Andiamo a prendere i soldi’, però non ho mai visto niente. Greco Raffaele è quello che l’ha acquistato l’oro della rapina di Bollate, però io non lo conoscevo. Io conoscevo a Scirpoli e Gentile perciò ce l’ho consegnato a loro. Loro hanno preso i soldi, i soldi miei dice non li hanno presi, la quota mia ce l’aveva questo Greco Raffaele, non so come si trova la quota mia a questo Greco Raffaele, non l’ho mai capita, però ormai è passato”.
Il valore dell’oro effettivo “era di quattro milioni di euro – ha spiegato -, Gentile l’ha fatto quantificare a un altro calabrese, non mi ricordo il nome, e voleva dare 8-900 mila euro, non mi ricordo, un milione d’euro, una cosa del genere, abbiamo fatto vedere a parecchi ricettatori quest’oro, però tutti lo volevano comprare e nessuno aveva i soldi. Sono venuti parecchi ricettatori, non è venuto uno, non mi ricordo i nomi, però sono venuti parecchi ricettatori per acquistare l’oro. Poi quando… allora, Scirpoli mi disse a me: ‘Consegnati, tanto è una tentata estorsione, che ti devi fare? Sette, otto mesi? Come esci ce lo vendiamo, ce lo dividiamo’, mi vado a consegnare il 24 di settembre, il 26 viene mio fratello a colloquio, dice: ‘Quelli vogliono l’oro’, come mi sono consegnato, ho detto: ‘Ma scusa, non devono aspettare che esco io?’, dice: ‘No no, è venuta una persona che se lo vuole comprare, vuole dare un milione d’euro’, mi hanno riempito di testa e ce l’ho consegnato”.
Perna nel mirino
Uno dei bersagli del clan era Girolamo Perna detto “Peppa Pig”, rivale diretto di Raduano a Vieste ed alleato ai Li Bergolis-Miucci. L’uomo fu ucciso ad aprile 2019, delitto tuttora irrisolto. Ma già in precedenza tentarono di eliminarlo. “Siamo andati io, Scirpoli, La Torre Pietro e Marco Raduano in Foresta Umbra, diciamo la strada secondaria che va da Vieste a Monte Sant’Angelo. Raduano tramite Troiano sapeva che Perna aveva una X3 rubata che doveva andare il pomeriggio a Monte Sant’Angelo e siamo andati a metterci là che lo dovevamo ammazzare insieme a Giovanni o Claudio Iannoli. La X3 è passata, ci ha conosciuti e se n’è scappato. Stava Girolamo Perna e Iannoli Giovanni o Claudio, non mi ricordo bene. Niente, abbiamo fatto l’inseguimento fino alla pista di Go-kart di Monte Sant’Angelo, località Carbonara. Fece l’incidente con una macchina di turisti e ce ne siamo andati. Avevamo un kalashnikov con silenziatore e due calibro 21 e Raduano aveva una calibro 9″.
Furti di bestiame e controllo del territorio. “Avevano paura di me”
Le terre dovevano essere del clan e di nessun altro. Una mafia vera e propria confermata da “Baffino”: “Ho acquistato un sacco di terreni abusivamente, c’era un confinante a fianco a me che aveva 10-15 mucche, prima ce le rubavo e poi mi prendevo i pascoli e ho fatto un sacco di estensioni così, parecchie zone le ho prese così. Pascoli, seminativi, pascoli rurali. Abbiamo fatto parecchi… nella zona mia abbiamo fatto parecchi furti di bestiame con La Torre, Scirpoli, mio fratello Andrea”.
Infine ha ricordato: “Nel 2011/2012 ho comprato 50-60 bovini, questo c’aveva 80 anni, era anziano e si era rimasto 15-20 bovini, non ricordo bene. Siamo andati e ce li abbiamo rubati io e Francesco Scirpoli e poi ho preso la zona. Avevano paura di me perché ho fatto parecchi reati del genere, ho fatto parecchi danni in quelle zone, ne ho fatti assai di danni”.