Nulla da fare per il boss della mafia garganica Matteo Lombardi detto “A’ Carpnese”, capo del clan Lombardi-Scirpoli-Raduano e per il suo fedelissimo Antonio Zino. La Cassazione ha rigettato il ricorso dei legali (nel pool difensivo gli avvocati Santangelo e Gaggiano) confermando l’ergastolo a Lombardi per l’omicidio di Giuseppe Silvestri alias “l’Apicanese”, vicino ai montanari Li Bergolis, ammazzato all’alba del 21 marzo 2017 a Monte Sant’Angelo e 3 anni di reclusione a Zino per favoreggiamento. Quest’ultimo è stato recentemente condannato in “Omnia Nostra”, con rito abbreviato, ad ulteriori 12 anni e 8 mesi di carcere. Lombardi scelse il rito ordinario ed è ancora sotto processo.
Fu il Dna ad incastrare il 53enne capomafia manfredoniano di origini montanare. Gli inquirenti trovarono tracce riconducibili al “carpinese” su uno dei bossoli repertati sulla scena del delitto. Inutile il tentativo di Lombardi di fornirsi un alibi recandosi a Lodi con Zino per partecipare ad un’asta d’auto. I tentativi della difesa di provare il contrario non hanno sortito l’effetto sperato in nessuno dei tre gradi di giudizio.
Secondo alcuni pentiti, Lombardi avrebbe agito in compagnia del boss di Vieste suo alleato, Marco Raduano detto “Pallone” o “Woolrich”, vicenda emersa proprio in seguito all’inchiesta antimafia “Omnia Nostra”. L’omicidio dell’Apicanese avrebbe rappresentato una vendetta per l’uccisione di Gianpiero Vescera, cognato di Raduano.
“A commettere l’omicidio sono stati Raduano e Matteo Lombardi per vendicare la morte di Gianpiero Vescera – spiegò ai pm della Dda il collaboratore di giustizia Antonio Quitadamo detto “Baffino” -. Non so chi tra Ferro e Gentile fosse l’autista. È stato sparato a Monte Sant’Angelo, con calibro 12, all’uscita di casa sua, di mattina. Lo aspettavano lì perché andava a mungere le vacche. È stato ucciso per aver dato il colpo di grazia a Vescera; questi, dopo essere stato colpito da Matteo Pettinicchio (braccio destro del reggente dei Li Bergolis, Enzo Miucci, ndr), era riuscito a scappare. Fu proprio Silvestri a finirlo. L’omicidio è stato commesso per fare un piacere a Raduano che era entrato a far parte del nostro gruppo un paio di mesi prima”.
Marco Raduano, attualmente latitante dopo la clamorosa fuga del febbraio scorso dal carcere di Nuoro, stava scontando 19 anni definitivi per mafia e droga ed è stato condannato in primo grado all’ergastolo in “Omnia Nostra”, riconosciuto colpevole di mafia e di essere il mandante dell’omicidio di Omar Trotta assassinato a Vieste nel proprio ristorante il 27 luglio 2017 e di essere uno dei killer di Giuseppe Silvestri. Secondo i giudici, il boss viestano avrebbe anche fatto parte del commando che il 18 febbraio 2018 tentò di uccidere Giovanni Caterino per vendicare la strage di San Marco del 9 agosto 2017.
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