Finisce la tragicomica esperienza amministrativa di Gianni Rotice alla guida del Comune di Manfredonia. Dopo meno di due anni dalle elezioni, 14 consiglieri hanno mandato a casa il sindaco. Nove membri dell’opposizione, un indipendente e quattro di Forza Italia, il partito che aveva portato Rotice alla vittoria, hanno firmato dal notaio per decretare la fine della giunta sipontina. Si attende solo che il tutto venga protocollato.
Per Rotice è la fine, travolto in questi mesi da un mastodontico conflitto d’interessi e da numerose ambiguità relative a coloro che lo hanno attorniato durante il suo breve mandato. Un “cerchio magico” smantellato in queste ore dai 14 consiglieri comunali trascinati con determinazione dal deputato Giandiego Gatta, stanco di vedere la città sprofondare ogni giorno di più.
Forza Italia, lo stesso partito che lo aveva condotto alla vittoria, lo ha ora sfiduciato. Sembra ormai un lontano ricordo la telefonata, ripresa in un video, tra Rotice e Silvio Berlusconi trionfanti per aver “conquistato” Manfredonia. Un mese dopo l’altro, gli azzurri lo hanno abbandonato, altri hanno invece rinnegato il partito restando con il “padrone” forse per meri interessi personali.
In pochissimo tempo Rotice non ha fatto altro che cambiare assessori e segretari, spostando le deleghe a destra e a manca pur di portare avanti il carrozzone a scapito dei manfredoniani. Ormai all’ultima spiaggia, il sindaco-imprenditore avrebbe tentato di trovare nuove sponde pur di salvare la propria poltrona, ma senza esito. Il suo personalissimo “Titanic” è ormai affondato. Profetica e nefasta l’installazione in città di una struttura in scala del noto transatlantico, tra l’altro abusiva.
Ma perché l’attaccamento alla poltrona fino all’ultimo secondo? Quali erano gli interessi in gioco? Nelle ultime ore si è fatto un gran parlare della commessa milionaria per opere edilizie a Borgo Mezzanone. L’appalto farebbe gola ai soliti noti. Stesso discorso per la pubblica illuminazione, settore rimasto in stand by per la presunta volontà di Rotice di favorire Michele D’Alba, l’imprenditore delle “Tre Fiammelle” interdetto per mafia. Fu l’ex assessore Angelo Salvemini, uno dei tanti defenestrati dal sindaco, ad evidenziare la vicenda in una lunga lettera ai consiglieri comunali.
Nelle scorse ore si era vociferato di possibili dimissioni da parte di Rotice, ma si sarebbe trattato soltanto di un espediente tecnico. Il suo destino è ormai segnato.
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