La sanità pugliese è da bollino rosso. Lo certifica l’ultimo rapporto Crea (2023) sulle “performance regionali”. La Regione guidata da Michele Emiliano condivide l’ultima fascia con Sicilia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria. Il rapporto ha scattato una fotografia di un’Italia divisa in due, con Regioni tutte del Centro-Nord in cui l’assistenza sicuramente è migliore e Regioni – tra cui tutte quelle del Sud -, che invece sono assolutamente penalizzate e indietro per poter garantire quasi tutte le dimensioni analizzate dal rapporto: appropriatezza, equità, sociale, innovazione, esiti, e dimensione economico-finanziaria.
La valutazione 2023 delle Performance regionali, in tema di tutela socio-sanitaria offerta ai propri cittadini residenti, oscilla da un massimo del 59% (fatto 100% il risultato massimo raggiungibile) ad un minimo del 30% (la Puglia si ferma al 32%): il risultato migliore lo ottiene il Veneto ed il peggiore la Calabria. Dalle valutazioni, quindi, si evince come, a parere del Panel, le Performance regionali risultino ancora significativamente distanti da una Performance ottimale. Il divario del ranking fra la prima e l’ultima Regione è rilevante: quasi un terzo delle Regioni non arriva ad un livello pari al 30% del massimo ottenibile.
Tre Regioni (verde nella mappa), tutte del Nord-Est, sembrano avere livelli complessivi di tutela significativamente migliori dalle altre: Veneto, P.A. di Trento e P.A. di Bolzano superano la soglia del 50% (rispettivamente 59%, 55% e 52%). Nel secondo gruppo (verde chiaro), troviamo cinque Regioni, con livelli dell’indice di Performance compresi tra il 47% e il 49%: Toscana, Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia e Marche. Nel terzo gruppo (arancione) troviamo Liguria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo, con livelli di Performance abbastanza omogenei, ma inferiori, compresi nel range 37-43%.
“Osserviamo come la composizione del gruppo delle Regioni che si situano nell’area dell’’eccellenza’, come anche quella del gruppo, numericamente rilevante, delle Regioni (tutte meridionali) che purtroppo rimangono nell’area intermedia e critica, rimane presso- ché costante negli anni”, osservano nel report.
Aceti: “Il SSN per rilanciarsi dovrà scongiurare il rischio di autoreferenzialità, ascoltando e considerando esigenze e aspettative di tutti gli attori che lo animano e lo utilizzano a partire dai pazienti-cittadini, professionisti sanitari, imprese”
“Tutti gli stakeholder vogliono un Servizio Sanitario Nazionale in grado di garantire equità di accesso all’assistenza sanitaria e sociale in tutte le Regioni ma anche la cura giusta, al paziente giusto e soprattutto al momento giusto, senza liste di attesa infinite. In tre parole equità, appropriatezza e personalizzazione delle cure”.
Tonino Aceti, presidente di Salutequità, commenta così le evidenze emerse dal rapporto CREA Sanità 2023, presentato oggi a Roma, che sottolineano e confermano gli allarmi su equità e rischio di disuguaglianza nell’assistenza e nelle cure già lanciati a più riprese da Salutequità.
“La dimensione economico-finanziaria invece – spiega Aceti -, seppur necessaria per garantire tenuta e continuità del SSN, non è considerata da tutti gli attori la priorità, precisamente penultima per rilevanza. Praticamente le priorità espresse sul SSN sembrano andare nella direzione opposta a quella che è la realtà. Una realtà nella quale la Salute è subordinata all’Economia, dove la metrica utilizzata è prevalentemente quella della ‘spesa sanitaria possibile’ e non quella della ‘spesa sanitaria necessaria’ per far fronte ai bisogni dei cittadini e all’ammodernamento e al rafforzamento del SSN in tutte le Regioni. È il caso, ad esempio, dei tetti di spesa (e delle retribuzioni) del personale sanitario, della farmaceutica e dei dispositivi medici, delle diverse possibilità di manovra su salute e diritti tra Regioni in Piano di rientro e non, ma anche dei cinque anni di ritardo con il quale è stato approvato il Decreto tariffe sui nuovi Lea proprio per questioni legate alla copertura economica”.
Il presidente di Salutequità, evidenzia che “se da una parte tutti chiedono più equità, dall’altra, invece, il dibattito politico è concentrato sul tema dell’autonomia differenziata, cioè sull’assegnazione di nuove competenze, responsabilità e funzioni alle Regioni (possibilità prevista dalla costituzione), senza l’adeguata attenzione alla riduzione del gap infrastrutturale tra le Regioni e al rafforzamento del ruolo del livello centrale di coordinamento, monitoraggio, valutazione e di garanzia sul rispetto dei Lep da parte di tutte le Regioni”.
“Il Ministero della Salute – aggiunge -, ad esempio, senza il necessario potenziamento del suo ruolo e degli strumenti a disposizione, a partire dal Nuovo sistema di Garanzia dei LEA, sarà ancor più debole, con buona pace dell’unitarietà del Ssn”.
“Il SSN per rilanciarsi – conclude Aceti – dovrà scongiurare il rischio di autoreferenzialità, sapendo meglio ascoltare e considerare le esigenze e le aspettative di tutti gli attori che lo animano e lo utilizzano a partire dai pazienti-cittadini, professionisti sanitari, imprese, …come mostra il lavoro del CREA Sanità. Praticamente dovrà aprirsi e misurarsi con il cambiamento continuo per essere al ‘passo con i tempi’ e in grado di intercettare i veri bisogni della società che sono in costante evoluzione”.