Partito unico o federazione? All’assemblea provinciale di Italia Viva dinanzi all’ex ministra Teresa Bellanova i dirigenti locali del del partito renziano hanno le idee chiare nonostante i litigi e la rottura dei scorsi giorni tra Matteo Renzi e Carlo Calenda.
“Le cronache nazionali ci hanno portato novità spiacevoli. Viviano una situazione bipolare con Azione, abbiamo costruito rapporti brillanti e umani qui in provincia di Foggia, ma già a livello regionale li ho vissuti meno semplici”, ha detto a Foggia il segretario regionale di Italia Viva Lorenzo Frattarolo, ritornando all’esperienza delle Politiche.
“In poco meno di un mese, in una regione come la Puglia abbiamo preso 90mila voti, un’area politica sopravvive ai suoi leader. Abbiamo di fronte una destra sovranista che pensa a sostituzioni etniche e follie di questo tipo. C’è uno spazio politico al quale rivolgersi per costruire ed allargarsi in vista delle amministrative. Il commissariamento per mafia è stato uno shock e una umiliazione. Ed io non sono qui a rivendicare di essere renziano al 120 per cento”.
Netta anche la coordinatrice provinciale Rosa Cicolella. “Da subito qui in provincia di Foggia abbiamo avuto un’intesa fatta di rispetto e stima reciproca- ha asserito – Con i precedenti dirigenti e con gli amici e le amiche che ora guidano Azione abbiamo avviato un dialogo serio per la città di Foggia con la presenza anche dei popolari e con chi insieme intenda proseguire per offrire a questa città un’opportunità politica e amministrativa seria e soprattutto vicina ai cittadini che mai come ora hanno difficoltà a credere che le cose possano cambiare. Conosciamo bene le forze politiche che da destra e da sinistra saranno in campo e con rispetto sappiamo anche cosa ci separa da loro. Ma eviteremo ogni approccio pregiudiziale o ideologico, senza mai venir meno ai nostri principi valoriali che vedono nel sociale, nella legalità e nella cultura tre pilastri per una costruzione sana della nostra città. È una sorta di nuovo inizio. Tante sono state le delusioni,i dubbi, forse anche gli errori. La pandemia non ci ha permesso di guardarci negli occhi. Oggi possiamo farlo. Credo che guardare indietro non serva. Certo è accaduto qualcosa. E non possiamo far finta che non sia accaduto. Ma credo che l’accaduto,con tutte le criticità e le difficoltà possa galvanizzarci”.
Presenti i referenti di Azione con il commissario Matteo Iacovelli, il consigliere regionale Sergio Clemente e il sindacalista Giulio Colecchia.
“Ho difficoltà a sentirmi di un altro partito – ha rimarcato Iacovelli -. In Italia si sono radicalizzati i discorsi di destra e sinistra, dimenticando che ci sono tanti italiani che non stanno né a destra né a sinistra, sono moderati. Registriamo la difficoltà delle discrasie dei nostri leader, ma qui siamo uniti. Ci aspettano le elezioni comunali, Foggia è chiusa per mafia, ma invece è una città bella, ricca ma è mortificata da politiche concentrate su Lecce e Bari. Dobbiamo andare avanti. Abbiamo bisogno di vederci e consolidare i nostri rapporti, Foggia ha una popolazione disoccupata pazzesca”.
Autocritica da parte di Dino Marino. “Siano stati abbastanza fermi, non c’è stata una grande mobilitazione. Sono contento che abbiamo rotto perché non esiste l’idea di un partito unico governato da una persona. Un partito nuovo o è in grado di parlare ai ceti sociali che vivono la conflittualità dell’oggi oppure non è. Non siamo aperti alla società. Dobbiamo essere aperti al nuovo”.
Lungo e appassionato l’intervento di Teresa Bellanova in assemblea dopo aver ascoltato i militanti da Lucera, Manfredonia e Vieste.
“I soli due leader non fanno un partito se non c’è una base nel territorio con dei tesserati e dei militanti radicati”, ha osservato in esordio.
“Io credo che quel processo dobbiamo continuare a coltivarlo con tutti quelli che ci stanno. Dovevamo scrivere un Manifesto dei valori io e Mara Carfagna, ma ugualmente sono andata a Milano e a Cinisello Balsamo che ha candidato sindaco una donna. Quello che è accaduto è grave, non ho fatto polemica con Calenda perché abbiamo lavorato per due anni insieme. Ma non si può sciogliere un progetto che per tanti era un sogno.
Abbiamo fatto un percorso, penso di aver dato un po’ più di tanti altri perché per agevolare il percorso non ho fatto problemi su come sono state fatte le liste in Puglia. Sapevo che l’alleanza con Cassano non ci portava voti. Non si fanno le cose con la fretta, ma si fanno maturare. Ho agevolato qualcuno, anch’io sono stata candidata in Puglia e altre regioni, ma io Mara Carfagna in Puglia non l’ho proprio vista”.
È maturo creare un’area di riformisti? Secondo Bellanova sì. “C’è una fascia enorme di persone che non vanno a votare a cui non parliamo con l’insulto ma con le nostre proposte. C’è la necessità di farlo e abbiamo una occasione importante che sono le elezioni europee.
Tanti processi non erano stati più seguiti. Ora abbiamo bisogno di strutturare. Abbiamo costruito relazioni e proposte comuni; non si possono mettere in discussione i gruppi parlamentari non perché si perdono i soldi, ma per rispetto verso le persone. Se Calenda lo dice in Puglia, dove i suoi consiglieri regionali restano in maggioranza a maggior ragione vale per i gruppi parlamentari. Le Europee sono l’unico momento per misurare la credibilità di una forza politica perché si vota col proporzionale. Il centro di per sé non significa niente, noi siamo una forza riformista e possiamo misurare la nostra tenuta alle europee perché è sulla base di quello costruisci le alleanze. Il civismo ha segnato la vita di importanti amministrazioni ma esiste un campo valoriale e la scelta va fatta”.
A livello locale Bellanova è chiara. “A Foggia non auspico di andare da soli, ma sono le realtà locali che ti dettano le scelte. Io non voglio niente, voglio un luogo dove poter fare politica in maniera spassionata e questo luogo è attrattivo se si risponde ai problemi dei cittadini. Noi siamo quelli che parlano di diritti e doveri, quelli che parlano solo di diritti li classifico tra coloro che vendono chiacchiere. Quale idea di Paese noi riformisti abbiamo? Stiamo costruendo un campo riformista. Non chiudo le porte a nessuno, ripartiamo dal territorio. Abbiamo bisogno di leadership diffuse. Matteo Renzi può essere amato o odiato, ma catalizza l’attenzione dell’aula”.