Ancora ombre sul Comune di Manfredonia dopo lo scioglimento per mafia del 2019. Come riportato a più riprese da l’Immediato ci sarebbero molte opacità attorno all’attuale amministrazione comunale. Su tutte spicca la relazione tra il sindaco Gianni Rotice e la sorella del boss garganico Francesco Scirpoli. Ma questa sarebbe solo la punta dell’iceberg.
Sui temi si è espresso nelle scorse ore Angelo Riccardi, primo cittadino di Manfredonia dal 2010 al 2019, anno del commissariamento per infiltrazioni criminali. “Il 15 ottobre 2019, il Consiglio dei Ministri decise di sciogliere il Consiglio Comunale di Manfredonia – ricorda Riccardi, il quale ha poi subito un provvedimento di “incandidabilità” -. Fin da subito, compresi che sarei stato chiamato a subirne le conseguenze. Ciò che è accaduto nell’ultimo Consiglio comunale di Manfredonia convocato per l’approvazione del bilancio, con la sospensione per tumulto della seduta, non mi ha colto di sorpresa. Il passato viene utilizzato con la solita ipocrisia politica, volta a far credere di stare dalla parte giusta e a poter richiamare ingiustamente alla vergogna i passati amministratori.
In aula si è utilizzato come pretesto la visita di alcuni alunni delle scuole elementari presso il Municipio. Sembrerebbe che i bambini, nella lettura dell’elenco dei sindaci della Città, abbiano chiesto chiarimenti sul perché dei nomi della Commissione Straordinaria. La risposta dell’interlocutore è stata imbarazzata e non sufficientemente esplicativa. Io al posto suo avrei agito con chiarezza e descritto con puntualità cosa è accaduto, invitandoli a comprendere, anche in futuro, cosa significa e perché può accadere che un Comune venga commissariato, spesso non solo per infiltrazioni mafiose.
Ma ciò che lascia allibiti e disarmati è il fatto che non si consideri che tra gli amministratori chiamati a governare oggi la città ci siano anche ex consiglieri dell’assise comunale sciolta per infiltrazioni mafiose. Ciò accade anche perché non si considerano i problemi di vicinanza a diverso titolo appena sollevati con il classico atteggiamento omertoso da più parti. Senza considerare che chi si dimenava urlando ‘vergogna’ non ha tenuto conto del fatto che rivolgendosi alla controparte, parlava anche al consigliere organico alla maggioranza (Adriano Carbone, ex Fratelli d’Italia, imputato nel processo antimafia “Omnia Nostra” e per il quale l’accusa ha invocato una condanna a un anno e 10 mesi, ndr) che è stato formalmente sospeso dal partito di appartenenza poiché rinviato a giudizio e sul quale pesa l’accusa di associazione mafiosa finalizzata a vari reati (art. 416-bis c.p.), ovvero, di aver agevolato l’attività di un sodalizio mafioso. E se dovessimo considerare tutto il resto, credo che si possa comprendere che il passo per determinare un nuovo scioglimento è solo questione di ‘politica giudiziaria’, ma nella sostanza stiamo ben oltre le motivazioni del precedente scioglimento”.
E ancora: “Il sindaco è rimasto silente con il suo classico sorriso di plastica appiccicato sul volto, senza spendere una parola né prima né dopo la sospensione della seduta, nel classico stile di Ponzio Pilato, di cui tutti conosciamo la fine. Ancora più grave è il fatto che non si consideri che nel caso di Manfredonia, nelle cause delineate nella relazione, c’è il ruolo decisivo dei dirigenti comunali: gli stessi che siedono ancora oggi al proprio posto e sottoscrivono gli atti di gestione dell’attuale amministrazione. Mentre al sottoscritto viene imputata la responsabilità di non aver vigilato sugli stessi dirigenti che hanno determinato gli atti amministrativi, che secondo il prefetto dell’epoca erano generati da ingerenze esterne. È importante ricordare che non sono mai stati raggiunti da alcun provvedimento giudiziario gli amministratori coinvolti nello scioglimento del Consiglio Comunale di Manfredonia per infiltrazioni mafiose”.
Riccardi parla di “tempi bui” e invoca la necessità “di uno Stato capace di individuare i problemi reali e le responsabilità specifiche, invece di mettere catene ai piedi di pochi amministratori e gettare fumo negli occhi della popolazione con operazioni di propaganda. Lo scioglimento dei Consigli comunali viene presentato come un’operazione salvifica, ma alla prova dei fatti non sortisce gli effetti auspicati. Al contrario, produce danni irreversibili alle persone e alle economie delle comunità, coinvolte in un processo di desertificazione rapido e devastante. Questi sono gli esiti spesso irreversibili di un procedimento che si basa su basi giuridiche traballanti o addirittura assenti. Non esistono enti sciolti per mafia che, dopo il passaggio dei commissari, siano stati ‘bonificati’ dai condizionamenti mafiosi, come si usa dire, neppure laddove tali condizionamenti c’erano per davvero. Lo scioglimento è un provvedimento infame che spesso scatta a orologeria, innescato da ricostruzioni anonime artatamente diffuse da avversari politici pronti a tutto. È un meccanismo assurdo che un Paese civile non dovrebbe alimentare, ma che l’Italia sembra continuare ad usare malamente. Lo scioglimento per mafia macchia indelebilmente intere città, ma fa comodo alla politica più vile e bassa, che sfrutta una soluzione sproporzionata, inutile e dispotica per rimescolare le carte. Eppure, nonostante tutto questo, gli esponenti della criminalità organizzata continuano tranquillamente a praticare i loro loschi affari. È un ennesimo paradosso di una dinamica a dir poco grottesca. Di fronte a questa situazione, sento la forte necessità di affermare con fermezza: io non sono mafioso e Manfredonia merita giustizia. E lo dirò finché avrò la forza di farlo”.
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