
Occhi puntati sull’impero di Michele D’Alba. Dopo l’interdittiva antimafia alla società “Tre Fiammelle”, sono ora sotto osservazione le altre aziende dell’imprenditore già citate nel provvedimento del prefetto di Foggia, Maurizio Valiante. Occhi puntati, dunque, su Lavit e San Giovanni di Dio che hanno appalti anche oltre i confini provinciali. “Tre Fiammelle” è infatti solo una delle principali aziende di un gruppo di imprese, tra cui la società Lav.i.t. s.p.a. (operante nel settore della lavanderia industriale, principalmente nelle pubbliche amministrazioni) e San Giovanni di Dio (operante nel settore socio sanitario).
“Le tre imprese facenti capo alla famiglia D’Alba – si legge nell’interdittiva -, sono socie di minoranza della società ‘Universo Salute’ con sede in Foggia, il cui socio di maggioranza è il gruppo imprenditoriale Telesforo-Vigilante. Quest’ultimo amministra, in via esclusiva e non in società con il gruppo D’Alba, anche la società ‘Sanità più’ che gestisce, tra l’altro, Residenze Socio Sanitarie in Foggia. La società ‘Tre Fiammelle’ ha fatto parte, fino al 2019, dell’impresa Cosap – Consorzio Stabile Appalti Pubblici, con sede in Napoli, destinataria di informazione antimafia interdittiva il 28 novembre 2018″.
Nelle scorse ore è scattata anche una segnalazione del Policlinico Riuniti di Foggia al prefetto Valiante per fare luce sui mega appalti in capo a San Giovanni di Dio e Lavit, quest’ultima vincitrice nel 2020 di una gara gestita da Innovapuglia, società della Regione che assegnò all’azienda di D’Alba i servizi di lavanolo in Asl ed Irccs pugliesi. La San Giovanni di Dio, invece, gestisce Rsa ed Rssa in provincia di Foggia ma anche nel Barese e nel Brindisino. Tra Lavit e San Giovanni di Dio si arriva ad affari per circa 300 milioni di euro.
Ma oggi “l’impero” di D’Alba è fortemente compromesso dopo l’interdittiva a “Tre Fiammelle” che evidenzia una “contiguità soggiacente” – che rasenta la “contiguità compiacente” – tra l’imprenditore e la malavita foggiana. Come già riportato da l’Immediato, ci sarebbe stato un “patto di non parlare” tra D’Alba, il figlio e il genero, teso a coprire alcuni esponenti del clan Moretti-Pellegrino-Lanza. “Il figlio del D’Alba – scrive il prefetto – è presidente del consiglio di amministrazione dell’impresa ‘Lav.i.t. spa’, il genero è amministratore delegato della società ‘San Giovanni di Dio’. Le società che fanno capo alla famiglia D’Alba, come precisato, hanno cointeressenze economiche, come soci di minoranza, nell’impresa ‘Universo Salute’, il cui socio di maggioranza è il gruppo imprenditoriale Telesforo-Vigilante, vittima dell’estorsione confluita nel processo Decima Azione”. Proprio in “Decima Azione”, dal nome del blitz antimafia di Dda e carabinieri del 30 novembre 2018 emersero i contatti tra D’Alba e Franco Tizzano, esponente di rilievo della mafia foggiana e noto estorsore per conto dei “morettiani”.
“Contrariamente a quanto riferito da Michele D’Alba nel verbale di denuncia del 27 ottobre 2017 in cui l’imprenditore ha parlato di generiche ed anonime richieste estorsive ricevute da suoi congiunti – si legge nell’interdittiva -, la captazione dell’11 ottobre 2017 rinvia ad un sistematico contatto – evidentemente finalizzato al pagamento del pizzo -, tra il pluripregiudicato Tizzano Francesco e l’imprenditore antecedente alla denuncia stessa: contatto confermato dalla captazione del 16 dicembre 2017”.
Il nome di D’Alba, come raccontato nel 2021 da l’Immediato, compare poi nelle carte dell’inchiesta sul presunto giro di tangenti al Comune di Foggia, costato l’arresto all’ex sindaco Franco Landella, oggi sotto processo. Anche in questo caso, l’imprenditore avrebbe ricevuto pressioni senza mai denunciare. Nei brogliacci spuntano intercettazioni dai contenuti inquietanti. Toccherà alla “Squadra Stato” fare luce. (In foto, il prefetto Valiante; sotto, D’Alba e il figlio; sullo sfondo, l’azienda Lavit)