Tutto è partito dall’intercettazione di una conversazione tra oss nell’ambito di altro procedimento penale. Così procura e carabinieri hanno scovato gli abusi al “Don Uva” di Foggia, storica struttura per pazienti psichiatrici situata in via Lucera. In carcere sono finiti Anna Maria Amodio, Pasquale Andriotta, Angelo Bonfitto, Antonio Melfi, Michele Partipilo, Nicola Scopece e Nicola Antonio Tetribolese. Ai domiciliari invece Giuseppe Antonucci, Antonio D’Angelo, Savino Giampietro, Martina Pia Longo, Ciro Mucciarone, Salvatore Ricucci, Aldo Rosiello e Rosanna Varanelli. Ma gli indagati sono in tutto trenta, accusati a vario titolo di numerosi reati tra cui il sequestro di persona, i maltrattamenti e la violenza sessuale. I pazienti, almeno 25 persone con manifesta inferiorità fisica e psichica, venivano chiusi in stanza e legati per diverse ore. In un caso due pazienti sarebbero stati indotti ad avere un rapporto sessuale tra loro mentre una donna sarebbe stata palpeggiata da un operatore sanitario.
“Infermieri, ausiliari e oss avevano rinvenuto le videocamere – hanno spiegato stamattina gli inquirenti nel corso di una conferenza stampa -. In alcuni casi le hanno rimosse, in altri le hanno solo girate. C’era un’omertà condivisa – hanno aggiunto -, favorita dal fatto che le vittime non erano in grado di riferire nulla”. Nell’ordinanza è riportato anche un passaggio emblematico redatto dal pm: “Alcuni operatori, soprattutto, si sono impegnati molto (arrivando a procurarsi un’apposita apparecchiatura) per passare in rassegna ambienti comuni e stanze di degenza con l’intento di rinvenire le microspie che, dopo aver appreso degli arresti per la vicenda della ‘Stella Maris’, temevano potessero essere installate anche presso il reparto in cui loro stessi mettevano in atto le vessazioni nei confronti delle persone offese”, il riferimento è alle indagini relative alla struttura di Siponto a Manfredonia che portarono all’arresto di alcuni oss.
Nei video emerge anche che i pazienti maltrattati tendevano a porre atteggiamenti di difesa preventivi, coprendosi il capo ancor prima di subire pugni e schiaffi. Dall’analisi del materiale audio-video – riporta LaPresse -, emerge un “quadro storico-fattuale a tinte fosche, inquietante, denso di degradazione e accompagnato da un disprezzo per la dignità dei pazienti ricoverati“. Lo scrive la gip Bencivenga del Tribunale di Foggia nell’ordinanza di custodia cautelare.
L’operazione denominata “New Life” è stata eseguita nei confronti di 8 dipendenti della struttura, 16 operatori socio-sanitari della società Universo Salute srl, 3 operatori sociosanitari dipendenti della società Etjca spa, 2 educatrici professionali dipendenti della società Universo Salute srl e un addetto alle pulizie della La Pulisan srl.
Le intercettazioni sono state avviate dal 6 luglio 2022. “Durante la fase iniziale di monitoraggio, le attività di intercettazione ambientale consentivano di far emergere, con indubitabile chiarezza, una molteplicità di vessazioni, angherie, sopraffazioni fisiche e psichiche le quali, accompagnate da una straordinariamente consistente mole di atteggiamenti aventi finalità degradante e lesiva della dignità di uomini e di pazienti dei soggetti coinvolti”, si legge nell’ordinanza. Gli indagati – scrive la gip – “hanno mostrato particolare disprezzo per la condizione di vulnerabilità dei pazienti. Tale, raccapricciante, quadro storico evidenzia la pronunciata viltà colpevole di cui il disvalore oggettivo del reato di maltrattamenti (e di tutti gli altri illeciti provvisoriamente ascritti nel capo d’imputazione) si ammanta”.
“Io ti sparo in bocca, vattene da qua sennò ti infilo il coltello dentro la gola. Devi morire, io ti ammazzo a te”. E ancora: “Ci devo dare con il cuppino in testa fino a quando ci torna la memoria, ti devo spaccare la testa”. Sono alcune delle “espressioni ingiuriose, offensive e minacciose” riportate nell’ordinanza
“Altra pratica caratterizzante pacificamente le modalità di svolgimento delle proprie incombenze da parte di numerosi tra gli indagati è quella di privare della libertà personale le degenti. Vi sono, in atti, svariati episodi attestanti la censurabile condotta di alcuni operatori che, nella fascia oraria notturna, ricorrevano alla chiusura a chiave nelle proprie stanze delle pazienti più intemperanti e perciò difficili da gestire”.
E ancora: “Le periferiche audio, in particolare, oltre a isolare i rumori tipici delle mandate di chiusura delle porte, hanno captato i rumori provenienti dalle degenti recluse, che battevano insistentemente contro le porte delle loro camere“, spiega la gip. La privazione della libertà “può essere considerata una vera e propria logica operativa. Alcuni degli indagati non solo procedevano, nell’orario notturno, alla chiusura a chiave di alcune stanze occupate dalle pazienti problematiche ma, durante l’orario diurno al fine di avere il pieno controllo delle stesse degenti usavano raggrupparle e rinchiuderle all’interno del locale soggiorno, impedendo loro di uscire mediante la chiusura delle porte o semplicemente stazionando davanti agli accessi, minacciandole al fine di mantenere l’ordine. Emblematica – evidenzia infine la gip – è ritenuta l’affermazione di uno degli infermieri indagati che, nell’intimare a una paziente di entrare in camera, designava tale locale con l’appellativo la stalla“.
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