È slittata a dicembre, causa Covid, l’udienza del processo a Giuseppe Albanese, 42enne detto “Prnion”, membro di rilievo della batteria mafiosa Moretti-Pellegrino-Lanza. L’uomo, a processo in Corte d’Assise a Foggia, è accusato dell’omicidio di Rocco Dedda, ucciso sull’uscio di casa sua il 23 gennaio 2016 in via Capitanata, rione Candelaro. Quel giorno due persone ferirono mortalmente la vittima con numerosi colpi d’arma da fuoco. Dedda morì davanti allo sguardo terrorizzato della convivente e del figlio di soli quattro anni.
Il caso Dedda
Per i magistrati della Dda di Bari, l’omicidio va inquadrato nella rivalità tra i Moretti e la batteria Sinesi-Francavilla. Albanese venne incastrato grazie al lavoro degli investigatori e alle telecamere della videosorveglianza che filmarono i killer mentre si allontanavano dal luogo del delitto a bordo di uno scooter, poi dato alle fiamme. Successivamente la Polizia di Stato diffuse un filmato, attraverso la stampa, nella speranza che qualcuno potesse riconoscere le persone immortalate.
Di rilievo alcune dichiarazioni rese agli investigatori da due collaboratori di giustizia, Antonio Nuzzi di Altamura, rinchiuso nel carcere di Foggia dove avrebbe raccolto numerose informazioni utili sull’omicidio Dedda e Raffaele Bruno, fratello di Rodolfo, pentitosi nel 2007. Lo stesso Albanese, durante un breve periodo di detenzione per possesso di armi, fu intercettato nel penitenziario foggiano mentre si parlava dell’agguato di via Capitanata. “Zitti zitti – disse ai compagni di cella – potremmo essere intercettati”. Il suo particolare modo di camminare, ripreso dalle telecamere, sarebbe stato evidenziato agli inquirenti dal pentito Nuzzi.
Ma a gravare su Albanese ci sono anche le carte di “Decima Azione”, blitz antimafia per cui venne nuovamente arrestato nel 2018: dall’inchiesta emerse il suo ruolo di rilievo all’interno del clan Moretti-Pellegrino-Lanza, storicamente rivale dei Sinesi-Francavilla. Inoltre, l’analisi delle celle telefoniche su un cellulare in uso al sospettato dimostrò che “Prnion” percorreva proprio la via di fuga seguita dai killer. Tocca alla difesa provare a smontare le accuse mosse dalla Dda di Bari che in questo processo è rappresentata dalla magistrata Bruna Manganelli. (In foto, un’immagine tratta dal video della polizia; nei riquadri, Manganelli e Albanese)
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