“I colleghi della Polfer di Foggia il 13 ottobre arrestavano un uomo di 29 anni per rapina. Condotto in carcere, cinque giorni dopo l’uomo è deceduto nella sua cella. Tutti subito dopo l’accaduto, compresa la Polizia penitenziaria, sono stati indagati. Il medico parla di infarto, ma l’avviso di garanzia è comunque arrivato. L’avviso anche se preventivo è necessario per consentire ai coinvolti di poter partecipare alla perizia. Ma questa è l’ennesima riprova che c’è una falla nel sistema e che vanno subito presi provvedimenti. Gli agenti saranno, ancora una volta, costretti a doversi pagare le perizie e l’avvocato di tasca propria e solo per aver compiuto il proprio dovere”. Lo dice Stefano Paoloni, segretario generale del Sap (sindacato autonomo polizia) dopo il caso di Osama Paolo Harfachi, giovane foggiano trovato morto in carcere. Vicenda per la quale figurano 13 indagati tra agenti di polizia, personale sanitario e detenuti. “Siamo sempre al punto di partenza – prosegue Paoloni -. Non può essere fattibile che ogni volta che un poliziotto interviene per una misura di polizia rischia, per ‘atto dovuto’, di essere indagato. Non può e non deve essere un fatto conseguente alla nostra attività di servizio. Per assurdo, noi rischiamo di trovarci implicati più nei tribunali per fatti di servizio che per strade a fare ciò per cui abbiamo prestato giuramento”.
Poi conclude: “Non è accettabile che in seguito ad ogni intervento di Polizia, si rischia di doversi trovare sotto processo. Questo è un modello di sicurezza inaccettabile e se non si dovessero rivedere queste modalità, si rischia il collasso della sicurezza. Ancora una volta evidenziamo quanto siano indispensabili le telecamere sulle divise, nelle celle di sicurezza e in tutti gli uffici di Polizia. Noi vogliamo rendere trasparente il nostro servizio e non essere indagati ad ogni sospiro”. (In foto, Harfachi e Paoloni; sullo sfondo, il carcere foggiano)