Niente sconti per “Massimino”. In Appello confermati i 12 anni di carcere per il 44enne Massimo Perdonò, uomo del clan foggiano Moretti-Pellegrino-Lanza. L’uomo è stato ritenuto colpevole del tentato omicidio del manfredoniano Giovanni Caterino, membro del clan Li Bergolis-Miucci-Lombardone, noto anche come il “clan dei montanari”. Caterino, 42 anni, è stato condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017, ritenuto il basista di quella mattanza. Un commando di killer, tuttora ignoti, uccise il boss di Manfredonia Mario Luciano Romito, il cognato Matteo De Palma e i contadini Aurelio e Luigi Luciani.
Secondo l’accusa, Perdonò e altri due presunti complici ancora ignoti si appostarono con una “Giulietta” rubata sotto casa di Caterino, nel quartiere Monticchio di Manfredonia, proprio per vendicare l’agguato di San Marco. Secondo gli inquirenti “se dietro la strage di mafia c’è il clan Li Bergolis che voleva liberarsi, sia per vendetta sia per questioni d’affari criminali, dell’esponente di spicco del clan rivale, dietro il tentato omicidio di Caterino c’è il desiderio di vendetta e riaffermazione del proprio potere dei nemici che con l’aiuto del gruppo Moretti-Pellegrino-Lanza volevano vendicare la morte violenta di Mario Luciano Romito. L’agguato a Caterino fallì perché la vittima designata vide i sicari incappucciati e armati e riuscì a scappare con l’auto, nonostante il tentativo dei killer di speronarlo con la propria macchina che rimase incidentata, tanto da costringerli a rapinare l’utilitaria di un passante per fuggire”. I contorni della vicenda sono stati confermati da alcuni pentiti che avrebbero indicato anche gli altri componenti del commando in compagnia di Perdonò, la cui condanna conferma i forti legami mafiosi tra Foggia e i clan del Gargano.
“Omnia Nostra”
Nell’ambito dell’operazione “Omnia Nostra” contro il clan Lombardi-Ricucci-La Torre sono emerse novità rilevanti sul tentato omicidio di Caterino. Sono stati rinviati a giudizio Matteo Lombardi e Pietro La Torre ritenuti dagli inquirenti “i mandanti”, in “concorso con gli esecutori materiali Marco Raduano, Massimo Perdonò e un altro complice”.
I tre sicari avrebbero agito “travisati ed armati di fucili d’assalto a bordo di autovettura Alfa Romeo Giulietta con l’aggravante di essersi avvalsi delle condizioni previste dall’art. 416bis c.p. ed al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa tanto in considerazione delle qualità personali di Lombardi, La Torre e Raduano, elementi di vertice dell’associazione mafiosa”. (In foto, Lombardi, La Torre, Raduano, Romito, Perdonò e Caterino; sullo sfondo, il luogo della strage di San Marco)
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