Quaranta euro per un voto alle scorse elezioni regionali. Le indagini sul voto di scambio, secondo quanto emerso in un dibattito organizzato dal pentastellato foggiano Giovanni Quarato, si sono concluse. Si è in attesa delle determinazioni del pubblico ministero per decidere se archiviare o rinviare a giudizio. Nell’estate del 2020 furono fotografate decine e decine di persone in atteggiamenti ambigui, mentre scattavano immagini col cellulare garantendo così di aver votato o mentre si consegnavano del denaro nella galleria del centro commerciale. Quella competizione elettorale a Foggia fu contraddistinta da alcuni exploit elettorali molto eclatanti, con mega comitati e una pletora di rappresentanti di lista.
Già nella campagna elettorale per le comunali del 2019 l’allora candidato sindaco del centrosinistra extralarge Pippo Cavaliere evidenziò la presenza ai seggi, nei quartieri più popolari, di presunti capi bastone collegati alla criminalità organizzata.
“All’indomani delle elezioni amministrative del 2019 denunciai per iscritto, la compravendita dei voti, costituendo questa una grave fonte di inquinamento per la nascita della nuova consiliatura- osserva alla luce delle nuove indagini- E poi mi sono sempre chiesto: tutti questi soldi da dove vengono? Chi è in grado di spendere 30/40 euro per un solo voto? E perché li spende?”.
“Il rapporto tra i costi e i servizi è meno favorevole a Foggia. I cittadini pagano di più e hanno meno servizi se l’azione della pubblica amministrazione è condizionata da interessi diversi dal bene pubblico, il bene pubblico ne risente”, ha evidenziato il procuratore Vaccaro commentando le norme sulla incandidabilità, sulle interdittive antimafia e i provvedimenti della legge Severino.
“I voti di qualcuno alle regionali sono molto sospetti, ma spero solo che sia una indagine a 360 gradi senza strabismi ideologici”, osserva un politico di centrodestra che in quella campagna era candidato nel partito meloniano.