“Donato Delli Carri mi disse di aver fatto tanti anni senza aver mai commesso tale omicidio”. C’è un altro pentito che già nei primi anni Duemila spiegò agli inquirenti che non fu Donato Delli Carri il killer di Giovanni Panunzio, l’imprenditore edile ammazzato il 6 novembre 1992. Come spiegato nei giorni scorsi dal collaboratore di giustizia, Patrizio Villani a premere il grilletto fu Federico Trisciuoglio. Una storia che è sempre stata nota negli ambienti della malavita foggiana.
Eppure Delli Carri, in quel lontano 1992, risultò positivo allo stub, l’esame per trovare tracce di polvere da sparo su corpo o vestiti. Ecco cosa spiegò il pentito oltre 15 anni fa: “Donato è sempre stato patito per le armi”. Il collaboratore di giustizia spiegò che Franco Spiritoso pagava Donato Delli Carri affinché quest’ultimo non rivelasse a nessuno il nome di chi sparò, ovvero Trisciuoglio. “Gallucci mi disse che a far uccidere Vinciguerra (ex lavianese) fu Trisciuoglio in quanto non si fidava più di lui per il fatto di Panunzio. Panunzio è stato ucciso da Trisciuoglio Federico, Vinciguerra Antonio e Spiritoso Franco. Il costruttore fu fatto uccidere da altri costruttori per il fatto che Panunzio era troppo potente nel suo lavoro. Per l’omicidio furono dati a Trisciuoglio 500 milioni“.
Ci sarebbero mafia e colletti bianchi anche dietro gli omicidi di Nicola Ciuffreda, imprenditore edile freddato con sette colpi d’arma da fuoco nel suo cantiere nel 1990 e di Francesco Marcone, ucciso nel portone di casa sua il 31 marzo 1995. Riguardo a Ciuffreda, il pentito Villani ha spiegato che l’autore dell’agguato sarebbe stato ancora una volta Trisciuoglio, ma secondo un altro collaboratore di giustizia, fu opera di Roberto Sinesi ed Angelo Gallucci, quest’ultimo deceduto nel 2005 per le ferite riportate in un attentato. Va detto, però, che Sinesi e Gallucci, inizialmente incriminati per l’assassinio di Ciuffreda, vennero assolti.
Poi c’è Marcone, il direttore dell’Ufficio del Registro morto nel 1995. Una persona nell’oscurità gli sparò due colpi alla nuca nell’androne della palazzina dove Marcone abitava. Un’esecuzione vera e propria, con chiare modalità mafiose. Secondo un pentito dell’epoca fu opera della mafia foggiana ma l’ordine sarebbe partito dal mondo del mattone. Marcone, attraverso il suo lavoro, avrebbe contrastato affari legati a progetti edilizi.
Il sistema estorsivo
Nel lungo verbale dell’interrogatorio di Villani si affronta anche il tema del racket alle attività commerciali. “Ci stanno posti – ha detto il pentito – dove non devi fare niente, devi solo chiedere e ci sta l’attività che te li da; e ci stanno posti dove non vogliono pagare e devi fare le lettere, i proiettili; oppure quando chiudono vai con un motore vestito e ti fai vedere con la pistola in mano e gliela batti vicino al vetro”.
Stando a Villani le vittime preferirebbero la mafia allo Stato: “Li devo dare allo Stato? Li do a loro. Chi invece no, quello la devi lavorare un po’, li devi andare a minacciare, gli devi rendere la vita impossibile, glielo devi far capire”. Infine, il pentito ha commentato l’escalation di attentati a Capodanno. “È solo ironia della sorte che è l’inizio dell’anno. Non c’è una scelta. È una casualità”. (In alto, Ciuffreda, Marcone e Panunzio)
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