Novità importanti per il “Guarda che Luna” di Manfredonia, noto ristorante della famiglia Romito. Dopo l’interdittiva antimafia nei confronti della “Bar Centrale sas”, società che gestisce il locale, i giudici del Tar hanno detto no alla richiesta di sospensiva avanzata dai legali. Il provvedimento del tribunale amministrativo (N. 00273/2022 REG.RIC. del 14 maggio), presidente Rita Tricarico, si basa su una serie di deduzioni investigative e sullo spinoso principio del “più probabile che non”, e fa riferimento, in particolare, all’ultima operazione antimafia “Omnia Nostra” del dicembre scorso che coinvolse il boss Matteo Lombardi, ex alleato di Mario Luciano Romito, quest’ultimo ucciso nella strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017.
Nelle carte si legge della rivalità tra il gruppo di Lombardi e i montanari Li Bergolis-Miucci-Lombardone e della costante guerra per accaparrarsi il controllo delle attività illecite tra Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Mattinata e Vieste.
“Omnia Nostra – è riportato nelle carte del Tar – ha scompaginato un’articolazione di tipo mafioso operante nell’area garganica. Tra i promotori del sodalizio criminale il boss Mario Luciano Romito unitamente a Matteo Lombardi e Pasquale Ricucci, ucciso nel novembre del 2019″. Riferimenti anche a Michele Lombardi, figlio di Matteo, ritenuto partecipe stabile dell’organizzazione ed autore di intimidazioni nei confronti di pescatori manfredoniani, costretti a conferire il pesce esclusivamente al “rampollo” del clan.
Secondo il Tar non sarebbe scalfita “la ragionevolezza del ritenuto pericolo d’ingerenza da parte del clan nella società interdetta, che appare concreto e ‘più probabile che non’ – si legge ancora – a prescindere dal ruolo dei Romito nell’organizzazione criminale rimodulata, soprattutto ove si consideri che le attività ricettive sulle coste garganiche sono ‘particolarmente sensibili al pericolo di condizionamento mafioso, in una zona a prevalente vocazione turistica, e particolarmente idonee, non solo ad ingenerare nella collettività la percezione di un controllo del territorio da parte di soggetti contigui alla criminalità organizzata ma anche a deviare beni pubblici dal fine istituzionale’. Per le ragioni sopra esposte – concludono i giudici -, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione II, respinge l’istanza cautelare”.