Va a casa Donato Delli Carri, 53enne foggiano, presunto capo del clan Delli Carri, costola della batteria Sinesi-Francavilla. L’uomo, nipote del boss Roberto Sinesi, è a processo per l’operazione antimafia “Grande Carro” che nel 2020 portò a decine di arresti. Nelle scorse ore, il Tribunale di Foggia ha concesso gli arresti domiciliari all’imputato (saranno scontati a Rimini con il braccialetto elettronico) accogliendo la richiesta degli avvocati difensori, Leonardo De Matthaeis e Francesco Santangelo.
Stando all’impianto accusatorio, il clan di Delli Carri si sarebbe infiltrato nel mondo dei fondi europei grazie a professionisti compiacenti, fondamentali per quel “salto di qualità” tanto auspicato dai boss. È stimato che l’Unione Europea avrebbe subito una truffa vicina ai 13 milioni di euro.
Apicale il ruolo di Delli Carri, nome noto della malavita foggiana, già condannato nel processo “Panunzio” per associazione di tipo mafioso, ma soprattutto per l’omicidio dell’imprenditore edile Giovanni Panunzio, commesso per agevolare la “Società Foggiana”. Secondo le carte dell’inchiesta del 2022, l’uomo avrebbe avuto “il ruolo di dirigente ed organizzatore dell’associazione affiancando il fratello Francesco nei compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle strategie. L’uomo avrebbe impartito disposizioni, comminando sanzioni agli altri associati a lui subordinati, sovrintendendo e direttamente partecipando alle attività delittuose del sodalizio, in quanto responsabile dell’infiltrazione nel tessuto economico, con il reinvestimento di capitali illeciti, nel settore della ristorazione, dei giochi e delle scommesse nella città di Rimini”.