“Esistono legami fra avvocati e clienti che vanno oltre il lecito, ma sono una sparuta minoranza. L’Ordine interviene per quel che è il suo compito: spesso, però, veniamo a conoscenza delle vicende giudiziarie in maniera poco tempestiva e riusciamo ad agire in ritardo”. Così a Repubblica Bari, il presidente dell’Ordine forense, Giovanni Stefanì, intervenuto dopo il forum della stessa testata con il nuovo capo della DDA, Roberto Rossi. Il magistrato ha parlato di “troppa ricchezza non giustificata in città”. Poi, sempre a Repubblica Bari, il comandante regionale della Guardia di Finanza, generale Francesco Mattana, ha fatto riferimento a “professionisti che stanno aiutando la criminalità a mettere le mani sui fondi Covid” e il presidente dei commercialisti, Elbano De Nuccio, ha ribadito che “le possibilità di infiltrazioni nell’economia sono reali e sono state già segnalate alla Prefettura”.
“La classe forense auspicava la nomina di Rossi perché proseguirà il grande lavoro fatto da Giuseppe Volpe anche nell’instaurare un rapporto di collaborazione assolutamente leale e di rispetto con l’avvocatura”, le parole di Stefanì a Repubblica. E sui “professionisti a disposizione dei clan” dice: “Premetto che ho difficoltà a definire queste persone professionisti, perché i professionisti sono coloro che mettono la propria competenza al servizio della collettività. Purtroppo è vero che a volte avvocati o commercialisti si mettono a disposizione della criminalità. Nel nostro Paese abbiamo due mali grandissimi: la corruzione dilagante e la criminalità organizzata, spesso intrecciati fra loro, nonché un’involuzione sociale di grande portata a cui lo Stato deve rispondere con una vera azione di prevenzione”. E sul ruolo dell’Ordine ammette: “Potremmo svolgere un ruolo più collaborativo e determinante se fossimo messi a conoscenza dei procedimenti giudiziari più tempestivamente. Spesso li apprendiamo dalla stampa, in taluni casi ho dovuto io stesso chiedere copia degli atti giudiziari per poter avviare i procedimenti”.
Di recente – ricorda Repubblica – ci sono stati parecchi casi di avvocati coinvolti in inchieste penali, alcuni dei quali sono a processo. Alla domanda su come si decide quando avviare un procedimento disciplinare, Stefanì risponde: “Non certo quando un professionista riceve un’informazione di garanzia ma successivamente, in base alle valutazioni del Consiglio di disciplina. Nei casi che riteniamo più gravi ci costituiamo parte civile nei processi”.
Infine, un passaggio sulla vicenda dell’ex gip Giuseppe De Benedictis, coinvolto in uno scandalo corruzione insieme all’avvocato Giancarlo Chiariello – che in Appello a Bari rappresentava anche alcuni big della mafia foggiana e garganica – e ad altri legali. L’Ordine sarà in aula? “Stiamo valutando la questione all’interno del Consiglio. Se dovessimo decidere, ci costituiremo nei confronti di tutti gli avvocati coinvolti”. Ma il caso De Benedictis potrebbe allargarsi ad altri avvocati: “Aspettiamo che le indagini facciano il loro corso, sperando che non emergano responsabilità ulteriori”. (In alto, De Benedictis e Chiariello)