Per la DDA merita 18 anni di reclusione ma per l’avvocato difensore va assolto. Alle battute finali il processo al 43enne foggiano Massimo Perdonò, ritenuto dagli inquirenti membro di spicco della batteria della “Società”, Moretti-Pellegrino-Lanza. L’uomo è accusato di aver fatto parte del commando armato che il 18 febbraio 2018 tentò di uccidere Giovanni Caterino, 40enne di Manfredonia, condannato all’ergastolo lo scorso 30 novembre per la strage di San Marco in Lamis. Stando ai magistrati baresi, Perdonò e altri due sicari si recarono a Manfredonia intorno alle 7 di mattina per eliminare Caterino e vendicare la mattanza del 9 agosto 2017 quando rimasero uccisi Mario Luciano Romito, Matteo De Palma e i fratelli Luciani. La mattina del 18 febbraio 2018 Caterino uscì di casa per una partita di calcetto ma nel tragitto venne speronato da una “Alfa Romeo Giulietta”. Nonostante l’azione omicidiaria, il 40enne riuscì a sfuggire all’agguato. La “Giulietta” rimase incidentata e il commando dovette rapinare la Panda di un passante per dileguarsi dal luogo dell’attentato.
Per l’accusa c’era anche Perdonò in quell’auto. Ci sarebbe un’intercettazione a confermare il coinvolgimento del foggiano ma per il legale mancherebbero riferimenti a luogo e vittima designata. Inoltre, il pentito di mafia Carlo Verderosa, ex “morettiano”, avrebbe indicato Perdonò tra i sicari insieme ad un altro soggetto ma quest’ultimo era detenuto all’epoca dei fatti. Infine, per la difesa cadrebbe l’accusa di tentato omicidio in quanto gli attentatori non ebbero mai a tiro Caterino.
Secondo gli inquirenti, l’agguato del febbraio 2018 fu orchestrato dagli “ex Romito”, la batteria Lombardi-Ricucci-La Torre (alleata dei foggiani Moretti) per vendicare la mattanza di mafia ed uccidere il basista Caterino, contiguo al clan rivale Li Bergolis-Miucci (noto come il “clan dei Montanari”). Sentenza prevista nella prossima udienza. Perdonò è già in cella per altri reati. Di recente è stato condannato in primo grado, col rito abbreviato, a 16 anni per mafia, due estorsioni e armi nel processo “Decima Azione” contro la Società Foggiana. (In foto, Massimo Perdonò; a destra, Verderosa, sotto Caterino)