Mamma positiva al virus partorisce nella sala “pulita” del Riuniti di Foggia. Dall’ospedale: “Gravi criticità nel percorso COVID ostetrico”

Alla base delle difficoltà, ci sarebbe l’impossibilità di effettuare tamponi rapidi nei casi in cui sussistano urgenze, con donne che hanno la necessità di partorire nel giro di poche ore dal ricovero

Sembra incredibile ciò che è accaduto nel reparto Maternità del Policlinico “Riuniti” di Foggia: una donna positiva al Covid-19 avrebbe partorito nella sala cosiddetta ‘pulita’ perché quella riservata ai positivi era occupata da un’altra partoriente risultata negativa al test. Lo scambio quasi fantozziano, in realtà, scaturirebbe da un “grave disagio organizzativo”, già segnalato alla direzione dell’ospedale più di dieci giorni fa dagli operatori sanitari del reparto, preoccupati per possibili contagi e focolai.

“I dirigenti medici del dipartimento Materno infantile – è riportato nella missiva –, in considerazione di vari e numerosi episodi che evidenziano gravi criticità nel percorso Covid ostetrico, chiedono una urgente revisione dell’organizzazione che, al momento, espone tutto il personale in servizio a condizioni di rischio ostetrico con possibili ripercussioni medico-legali che si aggravano nelle emergenze-urgenze e nei turni notturni-festivi”. Oltre ai medici, anche le ostetriche hanno allertato la direzione sul “pericolo” insito nel percorso assistenziale, dettagliando i motivi: “rischio di contaminazione nel passaggio dalla zona ‘non Covid’ alla zona grigia/sala parto Covid (anche più volte a turno), assistendo gravide positive o sospette e negative nello stesso turno; rischio clinico elevato, venendo meno la sicurezza delle cure erogate; carenza strutturale in sala parto Covid per via dell’assenza di una rete telefonica, di un frigo per i farmaci, di un defibrillatore, di un bagno per le pazienti, di un filtro di aerazione e di una zona filtro pulito/sporco”.

Poi aggiungono: “In base alle recenti disposizioni enti-Covid dell’Azienda, la gravida con tampone naso-faringeo superiore alle 72 ore accede al reparto (al primo piano del plesso maternità) e nel caso di espletamento del parto, la stessa viene trasferita presso la sala parto-Covid allocata al secondo piano, nell’area di passaggio delle sale operatori. L’assistenza per queste donne viene garantita da una delle tre ostetriche di guardia della sala parto non Covid del terzo piano. La suddetta, nonostante le situazioni di particolare complessità assistenziale (partoanalgesie, induzioni ossitociche, travagli attivi), si trova a dover interrompere il proprio lavoro e recarsi, munita dei DPI, ai piani covid, per poi tornare nuovamente nella prima sede di lavoro. La direttiva aziendale n°120 ‘Emergenza Covid’ del 27 marzo 2020, non chiarisce in nessun punto che sia l’ostetrica della sala parto a dover abbandonare la propria postazione di lavoro per recarsi in zona grigia/sala parto Covid. Come stabilito dal codice deontologico dell’ostetrica, l’erogazione di cure sicure che non causino danni al cittadino rappresenta un principio fondamentale del diritto alla salute”.

Alla base delle difficoltà, ci sarebbe soprattutto l’impossibilità di effettuare tamponi rapidi nei casi in cui sussistano urgenze, con donne che hanno la necessità di partorire nel giro di poche ore dal ricovero in ospedale. Nell’area grigia, il limbo sanitario di chi è in attesa del responso dei test, secondo gli operatori non ci sarebbero le condizioni di sicurezza. E’ un area di transito senza le attrezzature necessarie per interventi di urgenza e parti complicati”, ci viene riferito. Una sorta di ‘stanza di fortuna’ che non avrebbe tutti i criteri di sicurezza opportuni per gestire i ricoveri in questa fase della pandemia.

L’ultimo caso eclatante riguarda il caso di una donna, la quale è risultata positiva al primo test e negativa ad altri due tamponi successivi. Visto l’esito, è stata mandata a casa. Poi è ritornata in accettazione per il parto e, visto l’esito degli ultimi esami Covid, sarebbe stata ricevuta dal personale senza dispositivi di protezione adeguati per garantire un livello alto di sicurezza.

Nell’attesa dell’ennesimo esame, la donna sarebbe andata a zonzo in corsia, prima di lasciare l’ospedale dopo la notizia della positività al Covid-19. Dopo qualche ora, di notte, sarebbe rientrata in via Pinto per partorire, ma a quel punto la sala parto dedicata ai pazienti Covid è stata occupata da un altra donna in attesa di tampone risultato poi negativo. Per garantire il parto, il personale si sarebbe imbardato con i Dpi adeguati e avrebbe portato a termine l’operazione nella sala cosiddetta “pulita” (poi sanificata).

“Così rischiamo ogni giorno – ci viene raccontato -, sembra essere tornati ai problemi della prima fase. Non possiamo tutelare ulteriormente situazioni di questo genere. Bisognerà trovare al più presto una soluzione, permettendo anzitutto al reparto di effettuare tamponi urgenti per garantire il necessario livello di sicurezza agli operatori e ai pazienti”.

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