Lo Stato arranca nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata e non inquadra i bersagli reali. Avanza questa tesi alla luce dell’esito di alcuni provvedimenti giudiziali, emanati di recente nei confronti di alcune imprese foggiane colpite dalle interdittive antimafia della Prefettura.
Aveva fatto assai discutere la stangata ai danni di Marco Insalata e Giovanni Trisciuoglio, a capo delle società che gestiscono tributi e cimitero. Colpa di una parentela scomoda, quella tra Trisciuoglio e il cugino Federico, tra gli storici capi delle batterie criminali del capoluogo dauno. Ma per i giudici è troppo poco per etichettare come mafiose le aziende dei due imprenditori, tra l’altro molto stimati in città. Ed infatti, Insalata e Trisciuoglio hanno vinto la propria battaglia legale, tornando in possesso delle società. A metà marzo scorso, il Tribunale Penale di Bari ha accolto l’istanza di controllo giudiziario, restituendo ai due le società Adriatica Servizi, PFC e CTM. Per gli imprenditori anche la possibilità di iscriversi nella “white list” e continuare a lavorare con la pubblica amministrazione. Troppo in là con gli anni i riferimenti della Prefettura, storie ultraventennali riguardanti il boss Trisciuoglio, quest’ultimo ormai ai margini della Società Foggiana, guidata sostanzialmente dagli altri due clan, Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino-Lanza.
È di fatto naufragata la tesi della Prefettura di Foggia anche per il noto lido di Manfredonia-Siponto, “Bagni Bonobo” di Francesco Romito. Il giovane imprenditore non ha alcun legame con le dinamiche criminali locali, né può pesare il fatto che i suoi zii (Franco e Mario Luciano, entrambi assassinati) abbiano rivestito ruoli di spicco nella guerra di mafia garganica. Ne sono convinti i giudici della Corte d’Appello di Bari che hanno dato l’ok al controllo giudiziario, restituendo l’attività turistica alla società Biessemme, legalmente rappresentata da Romito. Dura sconfitta per l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari (rappresentava il prefetto di Foggia) che aveva chiesto il rigetto dell’appello.
Il gruppo criminale un tempo guidato da Mario Luciano Romito risulta soppiantato da circa tre anni dal clan Lombardi-Ricucci-La Torre, rivale dei montanari Li Bergolis-Miucci. “La Prefettura – si legge nel ricorso accolto dai giudici – ha omesso di riportare che Mario Luciano Romito era rimasto unico vertice del gruppo criminale dopo l’uccisione del fratello avvenuta durante la faida con il clan Li Bergolis”.
Il muro della Prefettura di Foggia non si sta mostrando invalicabile, almeno per il momento, nemmeno per il caso dello scioglimento per mafia del Comune di Cerignola. L’ex sindaco Franco Metta e l’ex assessore Tommaso Bufano hanno vinto il primo round davanti ai giudici della sezione civile del Tribunale di Foggia che hanno detto no alla “incandidabilità” per i due politici. Una decisione a sorpresa, in attesa del ricorso in appello da parte dell’Avvocatura dello Stato che rappresenta la Prefettura nel procedimento. Metta confida anche nel Tar che a luglio si esprimerà sulla legittimità dello scioglimento stesso.
Insomma, una serie di battute d’arresto che dovrebbero porre alcuni interrogativi nel palazzo di corso Garibaldi. Probabilmente lo Stato continua ad inseguire vecchi fantasmi, clan che non ci sono più, soppiantati da nuove realtà criminali. Difatti, assetti e dinamiche mafiose in provincia di Foggia stanno subendo un vistoso mutamento ma nei palazzi ronzano ancora i soliti nomi, stesso dicasi negli ambienti dell’antimafia.
E intanto la criminalità organizzata è sempre più forte, anche in questo periodo, nonostante l’emergenza sanitaria, non mancano dimostrazioni di violenza (una bomba in pieno giorno ha scosso l’intera Foggia) volte a rimarcare il predominio dei clan. Per non parlare di chi esce dal carcere come al casello autostradale, senza neppure pagare il pedaggio, con latitanti di spessore che spariscono nel nulla davanti a forze dell’ordine inermi. Tre evasi ancora ricercati, tra questi anche un membro di spicco della criminalità garganica.