Dagli attacchi di Salvini alla “paura” in corsia di medici e operatori della Rianimazione. Il direttore generale del Policlinico “Riuniti” di Foggia, Vitangelo Dattoli, “super commissario” dell’emergenza in Capitanata, fa il punto e annuncia lo screening a tutti gli operatori (compresi quelli dell’Asl) dalla settimana prossima.
Direttore, in piena emergenza Covid l’onorevole Matteo Salvini ha segnalato la “grave” carenza di dispositivi di protezione per il personale dell’ospedale di Foggia. Perché siete nel mirino?
Sono notizie destituite di ogni fondamento e mi farebbe specie se, in una situazione emergenziale di questo tipo, prevalgano ragioni di tipo politico. Nonostante siamo sempre al limite, finora non abbiamo mai avuto un problema di blocco. Nè noi né l’Asl di Foggia. Chiaramente, per legge dello Stato, regionale e di evidenza scientifica, sono in relazione alla tipologia di rischio: l’Ffp3 viene indicato esclusivamente dove si produce aerosol. Dove non accade è inutile, costoso e anche un po’ fastidioso perché protegge solo chi lo indossa e non chi sta di fronte. Quindi per semplificare va dato a chi sta in Rianimazione e non, per dire, a chi sta in Radiologia. Ora stiamo facendo un ulteriore ordine di servizio in cui indichiamo con chiarezza la diversità di rischio. Forse questo fraintendimento può essere attribuibile alla percezione errata di alcuni operatori che vorrebbero quei dispositivi pur non avendone bisogno.
Il Policlinico di Bari sta delineando le attività di monitoraggio degli operatori, dettagliando tre fasce di rischio. Avete anche voi una definizione compiuta in questo senso?
Le fasce di rischio ci sono dappertutto, ora adotteremo un nuovo provvedimento che preciserà tutto in maniera analitica. Siamo riusciti a garantire, tra mille difficoltà, il corrispettivo in termini di protezione rispetto al livello di rischio. Per legge e per tecnica i dispositivi devono collimare con il tipo di rischio: può esserci anche rischio elevato in assenza di aerosol e, pertanto, non devono essere utilizzati certi tipi di dispositivi.
Dai reparti maggiormente a rischio però chiedono di essere screenati in maniera periodica, ogni 8-10 giorni…
Innanzitutto bisogna precisare che il tampone è stato fatto in occasione di un rischio di contatto – che poi si è verificato negativo -, in quella circostanza sono stati sottoposti a controllo tutti i dipendenti della Rianimazione. Stessa cosa è successa in altri reparti. Noi tamponiamo, con grande generosità, quando c’è un rischio di contatto.
Quindi ritiene inutile attività volte a scovare anche eventuali asintomatici tra gli operatori, così come accaduto in Veneto ed altre regioni del Nord?
Il tampone per tutti non serve. Perché se c’è l’esito negativo, il giorno dopo si può abbassare la guardia. In ogni caso, abbiamo già allestito la procedura per lo screening. Dalla settimana prossima, per gli operatori sanitari sia del Policlinico che dell’Asl di Foggia, attiveremo test di valutazione di immunoglobuline, Igg e Igm, con un tasso di attendibilità molto elevato, tra l’80 e il 90%. E non con la goccina di sangue: mettiamo su un sistema di chemiluminescenza. Questo serve.
In Capitanata si è scatenata una vera e propria guerra dei numeri, con alcuni sindaci in prima linea. Qual è la situazione?
I dati sono quelli forniti dal presidente Michele Emiliano con molta precisione. C’è stato un disallineamento di un paio di giorni per San Giovanni Rotondo, entrato successivamente nella rete degli ospedali Covid pugliesi. Ora è tutto allineato. A Foggia 120 ricoverati nei reparti, di cui 18 in terapia intensiva.