Sonoramente puniti i “leoni da tastiera” in divisa. Non si è fatta attendere la risposta dello Stato dopo l’articolo riguardante i militari che – su Facebook – negavano l’esistenza della mafia, attaccando i giornalisti de l’Immediato con parole inequivocabili e scurrili, non certo consone allo status di carabinieri. “Giornalisti di merda”, “Vi girano i pizzini per questi falsi articoli”, furono alcuni dei commenti contro la testata, in parte cancellati dai diretti interessati dopo l’esplosione del caso anche in TV. Insulti pesanti nei confronti di alcuni approfondimenti de l’Immediato sulla mafia a Mattinata, comune sciolto per infiltrazioni criminali.
A circa tre mesi e mezzo dalla vicenda, in seguito alle “valutazioni del caso” annunciate dai vertici delle forze dell’ordine, è stato trasferito Michele Ciuffreda, mandato in Basilicata dopo aver prestato servizio per anni presso il Comando carabinieri Corpo Forestale dello Stato di Vieste.
Michele Ciuffreda – che sui social alludeva a pizzini e articoli falsi – è figlio del pluripregiudicato Giovanni, con condanne anche per usura, e fratello del pregiudicato Gianluca Ciuffreda, quest’ultimo apparso nelle carte giudiziarie sull’omicidio di Giuseppe Silvestri, morto ammazzato il 21 marzo 2017 a Monte Sant’Angelo. Per quell’uccisione sono stati arrestati Matteo Lombardi detto “A’ Carpnese” e Antonio Zino, il primo ritenuto ideatore ed esecutore dell’agguato di sangue, il secondo in manette per favoreggiamento. Dalle indagini emerse che subito dopo l’omicidio Silvestri, Lombardi viaggiò verso la Lombardia assieme a Zino, a bordo di un Renault Kangoo intestato a Gianluca Ciuffreda, titolare di un autosalone a Mattinata e già conosciuto dai carabinieri per precedenti in ambito di armi. Proprio in quell’autosalone sarebbero stati organizzati alcuni summit per pianificare quel fatto di sangue. Gianluca Ciuffreda è anche nipote di Francesco Pio Gentile detto “Rampino”, quest’ultimo ucciso in agguato di mafia lo scorso 21 marzo.
La posizione di Ferrantino
Discorso diverso per Antonio Ferrantino, in congedo all’epoca dei commenti social. Fu lui a commentare così: “Giornalisti poco seri che vedono mafia dappertutto quando la mafia sono loro, giornalisti di merda”, scrivendo tutto ciò mentre appariva in divisa nell’immagine del profilo facebook, salvo poi cambiarla dopo la diffusione della notizia. L’Arma dei Carabinieri sta valutando la sua posizione ma i tempi, in caso di militari congedati, sono più lunghi. L’uomo rischia di perdere lo status di carabiniere. Nel suo caso sono competenti il Comando generale e il Ministero della Difesa.
L’appuntato Ferrantino prestava servizio presso la Stazione di Monte Sant’Angelo, paese sciolto per mafia nel 2015 e scenario, negli anni, di una cruenta faida, e negli ultimi mesi, di una serie di intimidazioni ai danni di amministratori locali. Basta ricordare l’auto bruciata al sindaco, il teschio umano con minacce inviato sempre al primo cittadino e ad un assessore e le porte degli uffici comunali incendiate da un rogo poche ore dopo il corteo antimafia.