È stato ucciso sotto casa sua il boss di Trinitapoli, Cosimo Damiano Carbone, 63 anni. L’uomo era ritenuto dagli inquirenti al vertice del clan Gallone-Carbone. Nonostante un ergastolo per omicidio, il capomafia aveva ottenuto la detenzione domiciliare per problemi di salute.
Stando alle prime ricostruzioni, il boss – già scampato ad un omicidio nel 2003 – era in auto (una Seat scura) in via Transumanza, nei pressi della propria abitazione, quando i sicari a bordo di una macchina lo hanno affiancato esplodendo colpi d’arma da fuoco mortali. L’autovettura dei killer sarebbe stata ritrovata bruciata poco più tardi.
L’agguato mafioso rappresenterebbe la risposta all’uccisione del 41enne Pietro De Rosa, morto ammazzato lo scorso 20 gennaio, appartenente al clan rivale dei Miccoli-De Rosa.
La guerra tra i clan
L’ultimo grave fatto di sangue si inserisce nell’ambito di una più vasta contrapposizione armata tra il clan Carbone/Gallone (alleato ai foggiani Moretti) e il clan Miccoli/De Rosa che, dal 2003 ad oggi, si sono contesi, sul piano militare, il controllo egemonico del territorio di Trinitapoli. In tale ambito vanno inquadrati il tentato omicidio proprio di Cosimo Damiano Carbone del 3 ottobre 2003; l’omicidio di Savino Saracino e il contestuale grave ferimento di Michele Miccoli, alias “Milù” del 30 settembre 2004; il tentato omicidio di Michele Miccoli del 04 febbraio 2008; il duplice tentato omicidio di Michele e Raffaele Miccoli del 22 febbraio 2008; il duplice tentato omicidio di Michele Miccoli e del genero Luca Sarcina del 25 febbraio 2008, l’omicidio di Antonio Carbone (a soli 15 giorni di distanza dal tentato omicidio di Buonarota e Straniere); l’omicidio di Severino Benedetti del 12 gennaio 2015 e, infine, l’omicidio di Pietro De Rosa del 20 gennaio 2019.