Foggia al voto, marea di liste (e candidati) nelle civiche. Litigi nella Lega assist a Landella

La ricandidatura di Franco Landella appare più in discesa, se sarà ridimensionato il ruolo di chi dentro il partito di Salvini mirava a rompere del tutto per provare la strada solitaria o l’alleanza spuria

La litigiosità della Lega e del centrodestra a Foggia e nelle altre città al voto nella primavera del 2019, con l’ultima rimozione finanche del segretario provinciale Daniele Cusmai, induce molti osservatori politici a far più di un ragionamento sulla parcellizzazione dei voto e sulle reali capacità del ceto decisore in campo di generare un programma condiviso e un cambiamento per la città.

La Lega, con queste rocambolesche mosse, si avvia a ratificare, se riuscirà ad allinearsi alla strategia del segretario Andrea Caroppo, le Primarie del centrodestra. La ricandidatura di Franco Landella appare più in discesa, se sarà ridimensionato il ruolo di chi dentro il partito di Salvini mirava a rompere del tutto per provare la strada solitaria o l’alleanza spuria come già accaduto per la vittoria di Nicola Gatta in provincia (un sindaco che ha avuto solo la tessera di Forza Italia, ma che tutti rivendicano come proprio, dai civici ad Emiliano). Questo novembre di coltelli leghisti, con l’ultimo colpo di scena di Caroppo, ristabilisce ordine negli schieramenti e dà meno forza ai trasversalismi che tanto animano alcuni salotti, la sede di Via Trieste dell’ex senatore ed ex fittiano Lucio Tarquinio e più di uno studio professionale cittadino.

I civici dell’assessore regionale Leo Di Gioia, sia che sia lui in persona a candidarsi a sindaco sia che scelga un’altra personalità a lui vicina, sostengono di aver pronte almeno 3 liste. Si è riaffacciato con prepotenza anche il partito socialista a livello regionale con Alberto Tedesco. Lo stesso Michele Emiliano è pronto a far scendere il campo il suo Fronte democratico, che a Foggia città è rappresentato sicuramente dall’ex deputata Colomba Mongiello, ma anche da Patrizia Lusi e da Peppino D’Urso, presidente del TPP. Non è escluso che anche i circoli di Matteo Renzi possano essere già della partita alle amministrative con una propria proposta. C’è poi Italia in Comune di Pizzarotti, un movimento nazionale che si presenterà al voto e che nei prossimi giorni va a congresso, anche se in provincia di Foggia non ha conquistato nessun sindaco, ma solo l’eletto Vincenzo Rizzi.

La destra politica non è ancora tutta risucchiata da Matteo Salvini e comunque in quel campo vi sarà almeno una lista di appoggio alla Lega. Per non parlare delle tante civiche nell’alveo di Puglia Popolare. Si sono incontrati nei giorni scorsi diversi soggetti politici e movimenti che punterebbero a ben 8 liste confermate.

Eccole: Iniziativa democrazia di Salvatore Malerba, Io ci sono e Puglia popolare di Rino de Martino,  Foggia si può del campione di consensi Massimiliano Di Fonso, il Pli di Gaetano Panniello, il Partito repubblicano, dell’eterno commercialista Mauro Pagano,  TERRA NOSTRA di Mimmo Foglietta, Impegno popolare che ha il suo ispiratore in Micky de Finis, Noi Riformatori di Ciccio Russo, Il popolo della famiglia, gli Animalisti e i Pensionati.

In un tale frazionamento non appare bizzarra l’idea lanciata dall’avvocato amministrativista Raffaele De Vitto, che dalla pagina social di Manifesto per Foggia– altra realtà politica, ma guai a dire che il loro incontrarsi nei gruppi produrrà una civica-  ha proposto un patto ai vari contendenti. “La legge elettorale comunale spinge i competitori ad ottenere un voto in più degli avversari, non in ragione della proposta politica, bensì in forza della coalizione che sostiene il candidato sindaco. Con l’eccezione del Movimento 5 Stelle, che fino ad ora ha sempre presentato una sola lista a sostegno del suo candidato sindaco, gli altri soggetti politici hanno presentato più liste con l’evidente scopo di sfruttare la forza elettorale della pluralità dei candidati a consigliere comunale, per sostenere il candidato sindaco. Senonché questa impostazione, unicamente diretta a mettere in campo una moltitudine di soldati, incontra il limite della mancanza di selezione del personale politico e della frantumazione dell’elettorato. In mancanza di una disposizione di legge che vieti un numero massimo di liste collegate ad un sindaco,- l’esperienza ci ha messo sotto gli occhi competizioni in cui un candidato sindaco ha anche sette otto liste collegate – per garantire un minimo di qualità del personale politico, per aiutare l’elettore a scegliere il meglio, per consentire alla proposta politica di emergere, occorre un patto, un gentlemen’s agreement con il quale i candidati sindaci si impegnano, nella prossima competizione a presentare non più di un tot di liste collegate ad ognuno di essi”, ha scritto.

Si può fare? Si può evitare che ci siano 1800 candidati come nel 2014? Secondo alcuni maggiorenti è difficile che il gentlemen’s agreement si concretizzi. “La società si è troppo parcellizzata e già sono in campo diversi candidati sindaci, il patto tra gentiluomini era impensabile negli anni Settanta, figuriamoci oggi”, è il commento di Bruno Longo. Gli fanno eco Joseph Splendido e Vincenzo Rizzi. Insomma le liste saranno infinite.