È ormai nel vivo il processo di Lugano che vede alla sbarra cinque componenti della “banda” di Cerignola che lo scorso febbraio tentò “il colpo della vita” alla ditta Loomis di Chiasso in Svizzera. La procuratrice pubblica Chiara Borelli, al termine dei dibattimenti davanti alla Corte delle assise criminali di Mendrisio, ha chiesto pene che vanno dai 2 anni e 5 mesi ai 3 anni e 8 mesi nei confronti dei cerignolani.
I cinque – Fabio Natale Tressante, classe ’78, Loreto Tricarico, classe ’66, Teodato De Vitti, classe ’78, Federico Mancini, classe ’90 e Savino Zagaria, classe ’68 – erano stati arrestati nella notte tra il 25 e il 26 febbraio scorsi mentre tentavano di introdursi alla Loomis applicando un foro in una parete. Sono però 18 le persone coinvolte nel colpo: oltre alle 5 fermate in Svizzera ve ne sono 5 fermate ad Abbiategrasso, 6 nel Meridione e attualmente in attesa di estradizione e 2 ancora latitanti.
Sentito dal giudice Amos Pagnamenta, Tricarico ha ammesso che il piano era stato preparato con diversi sopralluoghi sul posto, durante i quali sono anche state perpetrate delle mosse che avrebbero dovuto evitare che l’allarme scattasse in occasione del colpo vero e proprio.
L’idea della rapina, ha raccontato, risale alla scorsa estate, quando il 53enne conobbe un ex portavalori della Loomis in occasione di una fiera di paese a Taranto. Una volta informatosi su internet a proposito dell’azienda del Mendrisiotto, aveva subito capito che si trattava di “un’impresa di soldi”. Assieme a dei complici aveva poi effettuato 6-7 sopralluoghi che gli avevano fatto notare un gran via vai di camion e furgoni. A quel punto l’idea era di mettere a segno un piano che potesse sistemare i componenti della banda, i loro figli e i loro nipoti. Quanti soldi volevano rubare? “Abbastanza per riempire mezzo cofano della macchina”, ha risposto l’imputato, aggiungendo che la refurtiva sarebbe stata suddivisa in parti uguali dalla dozzina di persone che componevano la banda.
In aula, ieri, il 53enne ha ammesso che quando le forze dell’ordine sono intervenute nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, la banda stava entrando in azione. Ha però anche sottolineato che se ne stavano già andando a causa dell’allarme che era scattato: il disturbatore di frequenze che avevano utilizzato non stava infatti funzionando come previsto nel loro piano. Il dibattimento prosegue ora con la ricostruzione dei fatti. Gli imputati sono difesi in aula dagli avvocati Deborah Gobbi, Roberto Rulli, Maurizio Pagliuca, Chiara Buzzi e Costantino Castelli. La sentenza del giudice Pagnamenta potrebbe essere pronunciata mercoledì.
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