Il quartiere ferrovia a Foggia non è solo al centro della campagna elettorale e delle strategie dei partiti e dei candidati, ma è anche un “grattacapo” per alcuni imprenditori, che hanno la necessità di rivitalizzarlo per rendere attrattivi i propri investimenti. La sola presenza del nodo intermodale non basta a rianimare una zona degradata e crollata nel valore immobiliare. Ne sa qualcosa l’impresa Zanasi-Moschella, che solo da poco, con fitti “agevolati”, è riuscita a riempire alcuni locali commerciali del proprio palazzo su Via Manfredi. Molto potrebbe fare, ne è convinto il presidente onorario di Confindustria Eliseo Zanasi, la riapertura del Cineteatro Ariston, l’edificio di proprietà di Fs, su cui anni fa aveva immaginato un grande progetto il tycoon e imprenditore della sanità privata oltre che ex vicesindaco Tito Salatto, fautore a Foggia di numerosi eventi, come Bob Dylan al Teatro Mediterraneo o le chiacchierate in Villa Comunale con filosofi e artisti. Oggi il confindustriale di Teleblu e del Gruppo Salatto potrebbe riavviare quell’idea nel cuore della città. L’Immediato lo ha intervistato.
Dottor Salatto, è vero che potrebbe riprendere il discorso interrotto sull’Ariston in Piazzale Vittorio Veneto?
Se trovassi dei soci, sicuramente. Quel progetto nacque dopo la mia bellissima esperienza amministrativa all’assessorato dei Grandi Eventi. Si parlava male di noi, ma voglio ricordare che venivamo inseguiti dalla magistratura solo per la macchina di Piarullo e per il telefonino di Ciliberti. Bazzecole rispetto ai fatti odierni. Con la vittoria di Gianni Mongelli, subito dopo si seppe della chiusura del Cicolella e poi anche della fine dell’avventura del Falso Movimento. Non c’erano molti altri contenitori e si pensò all’Ariston per un progetto di multimedialità sul modello del Teatro Margherita a Roma, cabaret, talk show americani, cinema e tutto l’apparato televisivo. Mi feci fare anche i preventivi per la tv. Mauro Palma si sarebbe occupato del cinema, per lanciare anche delle serate di approfondimento sulla cultura del cinema. Varammo un contratto che ci avrebbe permesso di operare la trasformazione interna della struttura con la possibilità di recedere, con una penalità, qualora non avessimo avuto utili.
Cosa andò storto?
Anzitutto ci accorgemmo che lì mancava il mondo, dal tetto all’impianto di riscaldamento. Il preventivo per la ristrutturazione si aggirava intorno ai 500mila euro.
Non una somma eccessiva, quindi
Certo, ma io non amo attingere a finanziamenti pubblici, un mondo pieno di parassiti e di ammagliamenti politici. Mi rivolsi alla stessa società di Bari che aveva appena trasformato un cineteatro, ci informammo sulle attrezzature. Fui anche sollecitato da ambienti del quartiere, che vedevano con grande entusiasmo l’inserimento culturale nell’area. Il problema sorse quando cominciarono ad arrivare decine di ispezioni, ci piovvero in casa. Il segnale era chiaro: non avrei dovuto occuparmene. E persi circa 150mila euro. Anche quello che avrebbe dovuto essere mio socio mise solo l’intelletto e non i soldi. E non se ne fece più nulla. Ho lasciato perdere.
Cosa è cambiato oggi? Perché questo nuovo interesse per l’Ariston?
Oggi cambierebbe qualcosa se, come sembra, riuscissi a trovare un socio. La città deve interrogarsi sulla sua inerzia. Perché un teatro tenda comprato è rimasto chiuso? Quando insistetti col sindaco per acquistarlo mi proposero subito 9 assunzioni da fare, senza che neanche sapessimo se avrebbe portato reddito. Tutti, editorialisti, politici e imprenditori, fanno un gran parlare dei Sannella e del Foggia Calcio definendo la squadra un patrimonio della città. Ma qualcuno si è mai chiesto cosa ne vogliamo fare del Teatro del Fuoco? Anche quello è un patrimonio della città. Per l’Ariston la sollecitazione mi arriva da chi ha attività in quella zona, con Zanasi ho avuto colloqui personali. Spero che qualcuno in Confindustria voglia sviluppare delle attività culturali per la città, ma ad oggi non mi sembra che la cultura sia la priorità nell’associazione. Io non desidero il predominio della cultura, sono disposto a lasciare anche ad altri il timone.
Perché sente di investire in un settore così rischioso e in un territorio come Foggia?
Lo faccio perché il solo fare cultura mi gratifica. È un mondo che fa bene a chi investe.
Oggi crede che quello stesso progetto redatto allora sarebbe ancora attuale, con l’avvento preponderante dei social media?
Credo di sì, ci sono delle nicchie che potrebbero creare interesse. Penso alla lirica, alla musica, al teatro civile, al cabaret. Quando fui assessore mi dissero di volare alto, forse per impallinarmi. Ma devo dire con molta onestà che non ho trovato nessun ostacolo nella dirigenza. Sono convinto che un sindaco debba essere un manager e non semplicemente un transeunte verso altre cariche. Oggi dappertutto c’è un familismo pazzesco.
Che ne pensa del momento elettorale? Come vede l’appuntamento del 4 marzo?
Faccio un parallelo con il 1992, forse mi sbaglio, ma credo che quando si crea un sistema di governo trasversale e non si vuole avere la pazienza di ascoltare l’opposizione, quando si blocca l’ascensore sociale, perché ci si arrocca, la gente non possa far altro che votare per il nuovo, il M5S. I partiti hanno la colpa di aver proposto candidature vecchie e stantie.
Farà campagna elettorale per la sua amica, la direttrice Gianna Fratta candidata capolista con LeU?
Stimo Gianna Fratta, ma trovo incomprensibile la sua candidatura e dal punto di vista di chi gliel’ha proposta e dal suo che ha accettato.
La direttrice però ritiene di poter portare meglio le istanze culturali in Parlamento da deputata, non è d’accordo?
Non glielo faranno fare. Il fatto positivo è che è una candidata del territorio. Non nascondo che ci sono candidature piene di valore, come quella di Massimo Russo. E non capisco gli attacchi che sta ricevendo, non vedo nessuna incompatibilità tra il ruolo di amministratore unico di Sanitaservice e di candidato senatore della Repubblica. La politica è l’arte del possibile e non dell’assurdo.