“Noi trattati come drogati ma ora camminiamo a testa alta”. L’orgoglio dei residenti dell’ex distretto

di A.S.

“Vorrei poter ringraziare pubblicamente i nostri avvocati per averci restituito la nostra dignità e aver reso giustizia a chi realmente era ed è come me e la mia famiglia nel giusto”. Si esprime così, alla nostra testata web, la quarantenne Katia, che insieme ai suoi genitori e alla sua famiglia, composta da suo marito e i suoi due figli, vive dal 1999 in un alloggio ricavato dagli ambienti dell’ex distretto militare di Foggia. Il pronunciamento del Tar di ieri l’altro l’ha liberata da una profonda angoscia.

La gratitudine 

“Mia figlia mi ha detto: mammina quest’anno possiamo fare l’albero di Natale. I bambini sono stati traumatizzati da quello sgombero e dai mesi successivi, la bambina di 9 anni ha detto ieri alla maestra che il Tar ci aveva dato ragione. Non dovrebbero essere queste le preoccupazioni di una bambina, ma noi abbiamo avuto contro tutta la cittadinanza, solo l’avvocato Buono e il suo collega Pipoli ci hanno difeso. Buono ha instaurato con noi un rapporto che va oltre l’amicizia e la professione. È stato umano. Credo che i cittadini foggiani debbano essere valorizzati, le persone non sono tutte cattive. Quando ci ha chiamato ieri per darci la notizia della sospensiva, non credevamo alle nostre orecchie”.

Il suo nucleo familiare conta quindi 6 persone. “Mio papà è in attesa di trapianto di cuore, con lo sgombero gli hanno A mio padre hanno staccato il defibrillatore. Siamo stati 50 giorni senza un tetto, noi stavamo a casa della nonna, non del tutto agibile”. In tutti questi anni non siete mai riusciti a trovare una sistemazione alternativa al distretto? “Appena sposata avevo casa d’affitto, ma poi sia io sia mio marito abbiamo perso il lavoro e mio padre aveva bisogno che qualcuno lo assistesse. Papà non prende l’accompagnamento, prende solo la pensione d’invalidità. Poi mio marito ha ricominciato a lavorare, part time, al Cara di Borgo Mezzanone, ma non riusciremmo a pagare tutto”.

Katia ricorda con orgoglio i giorni dell’amministrazione Agostinacchio. “Siamo stati messi qui dal sindaco Paolo Agostinacchio, che nel giro di 15 giorni fece i lavori, i bagni, ci forniva il gasolio, ci faceva addirittura arrivare i pranzi d’asporto. Dopo i lavori ci promisero che ci avrebbero sistemati in case migliori, ma non è mai avvenuto, sono passate tre giunte comunali. Abbiamo ascoltato tante promesse. Io mi dico che se lo stabile davvero serviva, in questi 20 anni perché il Comune non si è fatto avanti? Noi eravamo in alto in graduatoria per l’assegnazione di una casa popolare”.

[wzslider]

Il disprezzo 

Dopo quel durissimo comunicato della Procura e i giorni trascorsi da alcune famiglie nella tenda davanti al Comune, gli inquilini del distretto sono diventati per la città dei reietti. Cittadini da rimuovere nella coscienza collettiva. “Chi ha fatto tanto per noi è stato Alfonso Buono, ci segue dal 2015”.

Un avvocato di strada, che è stato anche deriso da molti in questi mesi. “Noi abbiamo pagato il giusto, ma lui ha aspettato, non è mai stato venale con noi, anche la notte di Natale ci ha assistito. Ha addirittura offerto il suo studio come alloggio, voglio che questo venga fuori, è una persona che merita, ha creduto in noi fino alla fine. Ha lottato insieme a noi. Come da tutta le parti, c’è chi delinque, c’è chi è disonesto, chi non vuole lavorare, ma non bisogna fare di tutta la gente dei rifiuti umani, come invece è stato fatto. È vero, noi in 20 anni non abbiamo pagato la corrente, ma anche il Comune non ci ha messo nelle condizioni di regolarizzarci. Né la città sa le condizioni di ciascuna famiglia, mio padre ha dovuto affrontare una operazione a Bologna”.

L’inquilina illustra alcuni dettagli. Prima di quell’operazione ingente con più di 200 uomini armati, ogni famiglia della Caserma aveva avuto un colloquio congiunto con la funzionaria delle Politiche Abitative, Ida Paranzino e con le assistenti sociali, che controllarono Isee e redditi di ciascun occupante. “La mia famiglia andò in Via Grecia. Gli assistenti sociali hanno fatto i controlli, hanno visto quello che c’era tra tutte le famiglie. Perché non hanno provveduto a sfrattare prima chi non aveva diritto a stare lì. Invece il Comune ha permesso che ci fosse quello sgombero così eclatante e di colpo siamo diventati tutti spacciatori, ricettatori e drogati, quando invece mio marito va a pulire i bagni del Cara, senza nulla togliere perché ogni lavoro è onesto e quello di mio marito lo è. Abbiamo la testa alta, ma c’è stato un momento in cui ci vergognavamo pure di dire dove abitavamo. Io sto in casa mia, il pane non ci manca, ma ci hanno tolto la dignità. Un giorno il sindaco Franco Landella stava ai mercatini di Natale e un mio cugino si è fermato e gli ha spiegato chi era. Sua moglie gli ha risposto: più di una caramella non ti posso offrire. Queste sono cose che segnano. La notte di Natale solo l’avvocato è stato con noi. Ci fu una ragazza che non aveva nessuno e chiese una stanza per dormire e le negarono anche quella. Insieme ai nostri avvocati, solo il direttore della Caritas don Francesco Catalano è stato gentile con noi, anche davanti al Comune”.



In questo articolo: