
È stato impiantato agli Ospedali Riuniti di Foggia il nuovo sensore sottocutaneo per il monitoraggio della glicemia per 90 giorni (senza necessità di sostituzione ogni settimana). I dati raccolti vengono trasmessi continuamente sullo smartphone, così da tenere sempre sotto controllo la situazione. L’intervento è stato portato a termine dal gruppo di lavoro della professoressa Olga Lamacchia. Il sistema misura h24 i livelli di glucosio, e i dati vengono automaticamente inviati al dispositivo mobile. Il dispositivo invia allarmi, avvisi e notifiche relativi ai valori del glucosio visibili in qualsiasi momento su una app. Il sistema viene inserito durante una seduta ambulatoriale di pochi minuti. Il sensore viene impiantato a livello sottocutaneo sulla parte superiore del braccio, con un’incisione millimetrica. Consente di monitorare costantemente i livelli glicemici per un periodo di 90 giorni, rispetto ai 7 o 14 giorni dei sistemi non impiantabili disponibili sul mercato fino a questo momento.
I vantaggi della nuova procedura
Ormai non ci sono più grossi dubbi: controllare in continuo il glucosio nel sangue attraverso i sensori per la glicemia da impiantare o applicare alla cute è di enorme aiuto per chi soffre di diabete di tipo 1. Due ampie ricerche, pubblicate di recente sul Journal of the American Medical Association, confermano che il monitoraggio costante aiuta a tenere meglio sotto controllo la glicemia e anche a diminuire il rischio di pericolose ipoglicemie; quindi, in breve, a gestire al meglio la malattia riducendone le conseguenze negative.
La prima indagine è stata condotta da ricercatori del Jaeb Center for Health Research di Tampa, in Florida, su 158 diabetici di tipo 1 sottoposti a svariate iniezioni di insulina ogni giorno: un centinaio hanno utilizzato un sensore impiantabile collegato a un trasmettitore che misurava la glicemia ogni cinque minuti inviando i dati a uno smartphone, gli altri hanno continuato con le usuali strisce o simili. Dopo sei mesi, l’emoglobina glicata indicativa dell’andamento della glicemia nell’arco degli ultimi due, tre mesi si è ridotta del doppio in chi ha usato il sensore, scendendo dell’1 per cento anziché dello 0.4: un dato che per molti ha significato andare finalmente al di sotto della soglia di pericolo del 7,5 per cento e che diventa ancora più rilevante considerando che si sono dimezzati anche i minuti quotidiani passati in una condizione di ipoglicemia (da 80 a 43 in chi portava il sensore). Dati estremamente positivi confermati dalla seconda ricerca dell’università svedese di Goteborg, per la quale 161 pazienti hanno utilizzato il sensore per sei mesi e poi sono stati senza per altrettanto tempo: valutando gli esiti nei due periodi, i ricercatori hanno dimostrato che se il monitoraggio è continuo l’emoglobina glicata migliora di circa mezzo punto percentuale e le ipoglicemie diventano più rare.