“I clan della mafia foggiana infiltrati nelle imprese attraverso le estorsioni mensili e le assunzioni fittizie di soggetti imposti dai gruppi criminali che percepiscono regolari stipendi senza lavorare”. È il quadro emerso dalla relazione annuale 2016 della Dna (Direzione nazionale antimafia) sulla criminalità in Capitanata. La “mafia degli affari”, conosciuta come la “Società Foggiana”, cresce e si evolve, per nulla scalfita dal lavoro, seppure egregio, di forze dell’ordine e magistratura. Viene definita “impenetrabile, spietata e pericolosa a causa dello spessore qualitativo degli affiliati”. E ancora: “I clan sono ormai proiettati verso un inarrestabile processo di infiltrazione non solo di tipo economico ma anche amministrativo-politico nella società civile”. Da qui il riferimento al caso di Monte Sant’Angelo, comune sciolto per mafia nel 2015 e dove, nonostante le recenti elezioni, continuano ad emergere troppe opacità, evidenziate dalla presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi. Mentre più di recente le attenzioni si sono spostate su Mattinata, altro Comune a rischio.
Sulla relazione si evidenziano differenze con altre organizzazioni pugliesi: “La mafia foggiana è capace di programmare e attuare strategie criminali sia con clan del territorio sia con sodalizi campani e calabresi”, rispetto alla mafia barese considerata più propensa “a inseguire gli affari lucrosi con metodi che privilegiano l’immediatezza del risultato e il contenimento dell’impegno rispetto all’elaborazione di complesse strategie”.
Stando alla relazione, i mafiosi foggiani riescono a “riorganizzarsi prontamente”, anche a poche ore dai blitz delle forze di polizia. Poi il passaggio sulle batterie del capoluogo, storicamente divise in tre clan: Moretti-Pellegrino-Lanza, Sinesi-Francavilla e Trisciuoglio-Tolonese. “Ciclicamente si fanno la guerra, come risulta negli ultimi mesi, e poi si accordano per spartirsi gli affari. Sarebbero oltre 300 gli affiliati e i contigui. La “Società” gode anche del ruolo subalterno della mala sanseverese mentre un’organizzazione criminale che sembrerebbe del tutto separata e autonoma, è quella cerignolana, attiva nel traffico di droga ma anche in settori come riciclaggio auto, rapine e furti milionari in diversi angoli dello Stivale.
Infine, il Gargano dove soprattutto a Vieste è in corso una guerra senza esclusione di colpi tra gli “scissionisti” capeggiati da Marco Raduano, giovane boss desaparecido da alcune settimane, e i Notarangelo. Tra Manfredonia e Mattinata ecco invece il clan Romito, storica organizzazione operante in quel territorio da tempo. A Monte Sant’Angelo i Libergolis, colpiti negli ultimi anni da diversi procedimenti giudiziari che ne hanno scalfito l’egemonia. Non mancano i collegamenti, soprattutto tra mafia garganica e foggiana. Già in passato proprio i foggiani avrebbero favorito la latitanza di Franco Libergolis, noto boss montanaro. Più di recente il questore Silvis non ha escluso possibili unioni tra le varie realtà criminali.
La Società, i clan di Cerignola e quelli garganici sono ancora separati, ma – secondo gli inquirenti – potrebbero amalgamarsi e creare una cupola estendendo la loro influenza al di fuori del territorio nel quale hanno agito finora. Del resto, anche la relazione parla di una situazione “fluida” e pone l’accento su una realtà feroce e impenetrabile che due mesi fa il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, ha definito la quarta mafia.