Stangata a don Pasquale Casillo, l’ex re del grano e presidente del Foggia Calcio negli anni di “Zemanlandia”. Il tribunale federale della Figc lo ha condannato a 5 anni di inibizione e 20mila euro di ammenda per il fallimento del Foggia Calcio. Casillo è stato sanzionato “per aver determinato, con il proprio comportamento, la cattiva gestione e il dissesto economico-patrimoniale della società, che ha comportato la sua mancata iscrizione al campionato di Lega Pro per la stagione sportiva 2012/13, con conseguente svincolo di tutti i calciatori tesserati, il fallimento del club”. Decisive le testimonianze di ex calciatori come Marco Sau e dell’allora direttore sportivo, Peppino Pavone che ai giudici hanno confermato il ruolo primario e “ingombrante” di don Pasquale, di fatto “il dominus” della società rossonera in quel periodo.
Casillo è indicato dal tribunale come l’amministratore di fatto della società U.S. Foggia SpA nel biennio antecedente il 17 luglio 2014, giorno di dichiarazione del fallimento del club, nonché collaboratore dal 19 aprile 2012. La Procura Federale ha accertato non solo che la società era stata formalmente amministrata da Sergio Leoni, Giuseppe Affatato e Potito Perruggini (in tre distinti periodi) ma anche che Casillo era stato l’effettivo amministratore nel biennio antecedente la dichiarazione di fallimento, nonché collaboratore della società e che pertanto aveva violato l’art.1/bis, comma 1. Dopo numerosi e complessi accertamenti espletati dai collaboratori della Procura Federale, quest’ultima ha deferito l’ex re del grano innanzi al Tribunale Federale Territoriale Puglia per rispondere degli addebiti contestatigli. Verificata la regolarità delle comunicazioni di rito, il tribunale ha convocato le parti per l’udienza del 12 settembre scorso alla quale è comparso per la Procura Federale l’avvocato Paolo Mormando. Assente Pasquale Casillo (benchè regolarmente convocato) che con nota del 21 giugno scorso aveva – tra l’altro – già dichiarato: “Non mi presenterò dinanzi ad alcun Tribunale Federale Territoriale“.
Le audizioni di Sau, Botticella e Pavone
Prove alla mano, il tribunale ha evidenziato come Casillo fosse l’effettivo proprietario della U.S. Foggia avendo la completa ed assoluta gestione della società e una costante presenza negli uffici della sede della società, quale effettivo e reale proprietario ed amministratore della medesima società. Inoltre prendeva tutte le decisioni sportive di fondamentale importanza occupandosi, secondo i giudici, direttamente e con la collaborazione del direttore sportivo dell’epoca, degli acquisti e delle cessioni di calciatori. Infine si presentava costantemente alla stampa, quale “Presidente” dell’U.S. Foggia spa, rilasciando importanti e qualificanti dichiarazioni relative al suo totale ed esclusivo controllo del club rossonero.
Il tutto comprovato da alcune audizioni, come quella del 14 ottobre 2015 del calciatore Marco Sau secondo cui il vertice della U.S. Foggia spa fosse riferibile a Pasquale Casillo. Stesso discorso per il calciatore Roberto Botticella (sentito il 16 ottobre 2015) secondo cui la proprietà della società fosse riconoscibile alla famiglia Casillo e che Pasquale Casillo avesse una “personalità molto ingombrante”. E ancora, l’audizione del 19 ottobre 2015 dell’allenatore dell’epoca del Foggia, Walter Bonacina secondo cui l’ex re del grano era il punto di riferimento della U.S. Foggia spa, prendeva tutte le decisioni relative alla campagna acquisti ed era l’unico a rilasciare dichiarazioni alla stampa. Tesi confermata il 22 ottobre 2015 da Vincenzo Cardarelli (titolare di una parte delle quote societarie del Foggia) secondo cui la gestione societaria del Foggia era in mano a Gennaro Casillo e al padre Pasquale. Infine l’audizione, il 28 ottobre 2015, dello storico direttore sportivo rossonero Peppino Pavone secondo il quale i contatti con la stampa erano tenuti esclusivamente dal patron Casillo, l’effettivo presidente del Foggia.
Questioni evidenziate in maniera ancora più netta da una serie di articoli di stampa e interviste acquisite durante il processo. Come quando Casillo, durante un incontro coi giornalisti, fece appello agli imprenditori “per non far morire la società”. “Io da solo non riesco a mantenere gli impegni presi la scorsa stagione…”, diceva davanti alle telecamere. Inoltre, in una celeberrima conferenza stampa del 25 maggio 2011, Casillo si autodefinì “il presidente”, scrivono i giudici.
La condanna
“Dovendosi escludere ogni sostanziale differenza fra gli amministratori e/o proprietari di fatto e coloro che ufficialmente risultano indicati quali dirigenti presso gli uffici istituzionali della Figc – si legge -, va affermata la responsabilità del sig. Pasquale Casillo per le violazioni contestategli con l’atto di deferimento del 16 giugno 2016, tenuto anche conto che “…possono essere colpiti dalla preclusione di cui al precedente comma gli amministratori in carica, al momento della deliberazione di revoca o della sentenza dichiarativa di fallimento e quelli in carica nel precedente biennio”.
Perciò, la Camera di Consiglio del Tribunale Federale Territoriale Puglia ha inflitto a Casillo queste sanzioni: inibizione per la durata di anni 5 e ammenda di 20.000 euro. È l’ennesimo tonfo per l’imprenditore di San Giuseppe Vesuviano.