Sono 14 i Cara in tutta Italia. Oltre a quello di Borgo Mezzanone a Foggia, sono presenti a Gorizia, Ancona, Roma, Bari, Brindisi, Lecce, Crotone, Catania, Ragusa, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Cagliari. Il business è imponente tanto da aver attirato l’attenzione di Massimo Carminati detto “Er Nero” e dei suoi sodali, protagonisti dello scandalo “Mafia Capitale” a Roma. L’ex Nar, storico componente della Banda della Magliana tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’90, aveva fiutato l’affare tanto da accaparrarsi, tramite i suoi uomini, la gestione di buona parte dei Cara italiani.
Tra le cooperative e le società più ricorrenti nella gestione delle strutture, ci sono la Eriches 29 di Salvatore Buzzi (braccio destro di “Er Nero”) ma anche l’Auxilium, la Cascina, il consorzio Sisifo (presente a Foggia), la cooperativa cattolica Domus Caritatis del gruppo Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone (presente negli atti dell’inchiesta). E anche i francesi della Gepsa, controllata dal colosso multinazionale Gdf Suez. Contro questi ultimi Buzzi e Carminati ingaggeranno un lungo duello grazie al sostegno della stampa amica, in particolare del quotidiano “Il Tempo”. L’obiettivo era quello di far saltare i francesi per favorire le cooperative amiche, pronte a prendere gli appalti a prezzi esigui.
Sisifo è un consorzio pigliatutto, contenente al suo interno 22 tra cooperative e associazioni Onlus. Aveva in gestione il Cara di Cagliari – il nuovo appalto del giugno 2014 ammonta a 3.381.500 euro – e ha vinto l’appalto del Cara di Foggia (quasi 21 milioni di euro in tre anni).
Quello dei migranti è un affare in mano a pochi soggetti che lavorano quasi in regime di “monopolio”.
Più ospiti, più ricavi
La Sisifo ottenne la gestione del centro di Borgo Mezzanone vincendo la gara con il 25,96% di ribasso. Il Consorzio aveva già gestito per anni il Cara di Mineo in provincia di Catania che vedeva nel gruppo dirigente Luca Odevaine, uomo vicino a Buzzi e Carminati ed arrestato proprio nell’inchiesta “Mafia Capitale”. Fu proprio Odevaine a favorire la Sisifo in Sicilia.
Il consorzio fa capo a Legacoop e detiene il 67% della società di gestione del centro di accoglienza di Lampedusa. Legacoop gestisce altri centri in condizioni ancora peggiori di Lampedusa, a partire dal Cara di Mineo dove si sono verificati numerosi suicidi. Ma dalle coop alle aziende vicine a Comunione e liberazione, l’accoglienza è un business da 2 milioni al giorno consumato sulla pelle dei migranti. Gare vinte con ribassi del 30% e se aumentano gli ospiti crescono anche i ricavi. C’è chi trattiene gli stranieri oltre il dovuto per continuare a incassare i fondi.
La battaglia per il Cara di Foggia
La Sisifo si aggiudicò la gestione del centro a Borgo Mezzanone per una cifra pari a 20.892.600,00 euro oltre 6.905,00 euro più Iva per i costi della sicurezza non soggetti a ribasso, da aggiudicare con il criterio del prezzo più basso.
Esperita la fase delle pre-qualificazioni vennero ammessi sei dei dieci richiedenti e, all’esito delle valutazioni tecniche ed economiche, risultò aggiudicatario il Consorzio Sisifo con ribasso pari al 25,964%, seguito da R.T.I. Gepsa-Acuarinto (25,566%) e dall’A.T.I. Auxilium-SIAR (21,27%).
I concorrenti collocati al secondo e al terzo posto in graduatoria, diedero battaglia impugnando l’aggiudicazione e gli atti della procedura, perché convinti che la Sisifo non avesse i requisiti necessari per la gestione ma il Tar Puglia bocciò il ricorso.
Il potere della Sisifo e la doccia antiscabbia
Tra i vincitori della nuova gara d’appalto per Mineo c’è la Sisifo, iscritta a Legacoop, coinvolta nello scandalo della doccia antiscabbia con cui venivano trattati i migranti al Cie di Lampedusa, una specie di asso pigliatutto dell’accoglienza dato che ha vinto l’appalto per il Cara di Foggia e amministra il Cspa (Centro di soccorso e prima accoglienza) di Cagliari.
Con una serie di singolari determine di proroga, tutte emanate il giorno prima delle varie scadenze, questo consorzio di imprese si ritrova in regime di prorogatio da oltre un anno.
Appena l’anno scorso numerose inchieste giornalistiche rivelarono una serie di intrecci e cointeressenze che suscitarono non poche reazioni.
Risultò singolare la presenza di alti dirigenti delle ASP e di rappresentanti sindacali dei medici con ruoli di primo piano nelle stesse cooperative, alcuni dei vertici di queste indagati da varie procure, qualcuno rinviato a giudizio e persino condannato per reati quali la turbativa d’asta e la truffa.
All’indomani della diffusione di notizie sui guai giudiziari di alcuni loro dirigenti, le coop. reagirono sostenendo che non vi erano state condanne.
In realtà le inchieste giudiziarie proseguono, eccome. Probabilmente anche per il permanere di una situazione di sostanziale monopolio conquistato anche con il ricorso a ribassi clamorosi nelle gare d’appalto, addirittura sino al 72%, ribassi considerati del tutto insostenibili da parte di esperti del settore.
Le varie cooperative facenti parte del consorzio risultano spesso collegate tra loro da un intreccio di compresenze nei vari consigli di amministrazione o con ruoli dirigenziali e di responsabilità di figli, mogli, fratelli e sorelle.
Sisifo ha la sede principale a Palermo in via Alfonso Borrelli 3, indirizzo corrispondente alla sede siciliana di Legacoop, mentre gli uffici catanesi sono stati affittati, senza che naturalmente lui lo sapesse dall’eurodeputato alfaniano del Nuovo Centro Destra, Giovanni La Via, in piazza Roma 16.
Fino al febbraio 2013 presidente di Sisifo è stato Salvo Calì, dirigente medico dell’Asp di Catania, direttore del Distretto sanitario di Giarre, ma anche segretario del Smi, Sindacato medici italiani.
In un documento/dossier circolato a metà 2013 e pubblicato da diversi media, si legge: “La carica rivestita in seno all’Asp 3 di Catania rende Calì estremamente potente ed influente verso i suoi colleghi della stessa Asp o delle altre Asp siciliane e non solo. Infatti, quale segretario del Smi, coordina l’attività sindacale su tutto il territorio nazionale dei medici pubblici e privati. Evidente – si legge – è l’attenzione suscitata nelle sedi istituzionali per accreditamenti, gare e quanto altro interessi l’escalation di Sisifo”.
Nel CdA del consorzio si trova ancora Cono Galipò di Capo d’Orlando, già vice presidente di Sisifo. Galipò è stato amministratore delegato di Lampedusaccoglienza Srl (di cui Sisifo detiene il 66,6% ed è socia della agrigentina Blue Coop), società che gestisce il Cie dell’isola finito nello scandalo dei trattamenti disumani degli immigrati.