Ian Fleming? Sempre meglio Bond, James Bond. L’idea, per carità, non era male: mettere in scena la vita del creatore di James Bond. Fleming, del resto, ha avuto – almeno per quello che riportano le cronache – una vita senz’altro avventurosa. Ormai la distanza col suo periodo storico – è morto nel ’64 – fomenta probabilmente un certo modo di romanzarla un po’, il minimo indispensabile per poterne fare un soggetto. Così, lo scrittore e giornalista inglese autore del personaggio dell’agente segreto più famoso della storia, diventa personaggio a sua volta nella miniserie tv andata in onda su Sky Atlantic in sole quattro puntate. Segno che la crisi creativa sia ormai un fenomeno mondiale? Forse sì. E ci si mette addirittura la Bbc che comunque ha prodotto una serie di gran lusso, per come è realizzata, anche se lo stile della sua scrittura non sembra allo stesso livello dei mezzi che sono stati impiegati per girarla. Il personaggio “Ian Fleming” è banalotto, superficiale e crea – purtroppo per lui – aspettative mostruose. Lo spettatore non può fare a meno di cercare James Bond da tutte le parti. Ma, ovviamente, non lo troverà mai. E questo è il suo difetto più grande. Sky Atlantic, “Fleming – Essere James Bond”
Ascolti non esaltanti ma merita di più. La pubblicità che vedeva Nicola Porro protagonista di uno studio vuoto in attesa di allestimento era piuttosto respingente. Dava l’idea di un conduttore fortemente motivato ma non rassicurava molto sui contenuti. Suonava autoreferenziale e questo in tv – a meno che non sei Celentano – non paga molto. E gli ascolti dell’esordio di questa nuova stagione onestamente non hanno migliorato la situazione: un milione con uno share di circa il 5% che in prima serata su Rai2 non dovrebbe far dormire sereni. Però, la nuova formula del programma, compreso lo studio su cui Porro fantasticava negli spot, è tutt’altro che deludente. Il giornalista del Giornale ha affinato moltissimo la tecnica di conduzione. È riuscito pure a domare Sgarbi che non è cosa da tutti. Gestisce bene il contraddittorio al centro della puntata e si muove perfettamente a proprio agio dentro l’architettura – anche fisica – del programma. Fa lo spavaldo, un po’ come tutti i conduttori dei programmi giornalistici fanno da un po’ di tempo a questa parte – ma perché poi?! – però resta misurato, gestisce l’ospite e non lo lascia debordare, cosa che a volte non riesce nemmeno a Bruno Vespa. Insomma, Porro sembra aver imparato la lezione e, volendo, potrebbe darne lui a qualche collega forse più blasonato ma decisamente meno attrezzato. E per una volta che a Rai2 riesce un’operazione intelligente con un programma di approfondimento, spiace davvero che non arrivino i “giusti” ascolti. Ovviamente per chi ci crede, agli ascolti. Rai2, “Virus – Il contagio delle idee”
Un vero spreco ma forse a La7 piace così. Tanto valeva chiamarlo “Ballarò”, stesso studio, stesse poltrone, stessi ospiti con Floris speranzoso “speriamo che chi ci seguiva di là, venga a seguirci di qua”… cosa che puntualmente non è avvenuta. Intanto perché su Rai3 andava in onda lo stesso programma e poi perché il telespettatore medio italiano non considera La7 una tv da ascolto di massa, la considera una “nicchia”, come se in onda ci fosse sempre l’ispettore Barnaby! E così gli ascolti sono sempre quelli, cioè bassi. Solo Floris lo ignorava ma per un contratto più congruo evidentemente ne valeva la pena. Il programma è solo la copia sbiadita dell’originale e quel 3,4% di share è pure regalato. La7, “diMartedì”
Senza infamia e senza lode. Non c’è niente da fare: quasi mai un giornalista della carta stampata riesce efficacemente a passare alla tv. Si ricordi Gianni Riotta, in tv sembrava inumato, eppure con la penna è sempre stato brillantissimo. Si provi l’operazione al contrario: leggete gli articoli di Bruno Vespa sulla carta stampata. Soporiferi. Ma poi Vespa in tv è padrone. E così Massimo Giannini ha condotto “Ballarò”, senza alcuna padronanza di microfono e telecamera. Un programma brutta copia di se stesso, lento e iper scontato. Ha vinto comunque la sfida con l’ex conduttore Floris – 11,7% di share, nemmeno grandi numeri – ma in quella collocazione il programma avrebbe vinto anche condotto da Topo Gigio (e, anzi, sarebbe andato pure meglio). Rai3, “Ballarò”