
Ha una forte carica civica la lista ‘Più Foggia’, una delle cinque a sostegno del candidato sindaco Leo Di Gioia. Un fiume carsico oltre gli assetti tradizionali che attraversa queste elezioni e sfida, quotidianamente, le critiche dei partiti. Ne vedono il paravento della politica, pronta a ricomparire alla prima occasione utile. L’Immediato ha incontrato alcuni esponenti, candidati e non, di questo gruppo in corsa per il Comune, in particolare il nucleo di ‘Foggia insieme’, associazione nata due anni fa. Vi si ritrovano i rappresentanti di una sinistra riformista, medici, avvocati, professionisti in genere (tra loro Michele Perrone, Geppe Inserra, Roberto Normanno, Davide Leccese, Antonio Scopelliti). Fanno del volontariato e della partecipazione la loro ragion d’essere, convinti che mentre la città sfiora il baratro, siano in effetti tali strutture a mantenerla in piedi. Ispirati alla “caritas sociale” di Benedetto XVI e a una precisa idea di città multietnica e solidale, sul versante più propriamente politico risultano moto critici nei confronti dell’amministrazione Mongelli.
In questo frangente in cui si torna alle urne, proprio non ce l’hanno fatta a restare alla finestra. La delusione conta: “La società civile è sempre stata usata per coprire la politica, vedi il caso Mongelli”. Imprenditore prestato alla politica che, a loro dire, è rimasto impigliato nell’abbraccio dei partiti. Non che loro ne siano immuni, qualcuno come Tonio Coppola è stato assessore nella giunta Ciliberti, qualcun altro con lo stesso incarico, ma molti anni fa.
In ogni caso hanno visto in Leo Di Gioia la novità vera per uscire dalle vecchie logiche di “gestione e non di governo”. E’ rimasto veramente poco incantato dalla vicenda partecipativa delle primarie l’avvocato Perrone, tanto da chiamare “manfrina” la staffetta Mongelli-Marasco: “Ma come fai a cambiare se chi viene dopo è stato tuo assessore negli ultimi anni. La strada non era quella? E quando mai Marasco l’ha detto”. Immagina un sindaco che vada nelle parrocchie, nei centri di aggregazione sociale, che non si chiuda nel Palazzo.
Su questa idea partecipata si innesta il “Tutti a casa” del sindaco Di Gioia, intervenuto poco dopo. “Sì, faccio mia un’istanza grillina”. Fra le righe di un discorso appassionato, e che risponde alle voci, alle critiche, alla “narrazione” della campagna elettorale che si va formando in questi giorni – con i pezzi sulla stampa del sistema tangenti al Comune, con l’accusa, spesso a lui rivolta, di essere assessore di Vendola- in un contesto di pochi intimi (c’erano Scopelliti, De Seneen e Procaccini, attori di primo piano del volontariato foggiano, candidati in ‘Più Foggia’), Di Gioia ha deciso di svelare anche i retroscena del suo impegno barese: “Vendola mi chiese un’interlocuzione con la Capitanata, una relazione di territori con cui prima non era riuscito a entrare in contatto. Perché avrei dovuto rinunciarvi per dar retta a qualche capopopolo?”. Insomma se lo appellano come “apolide della politica” lui può infischiarsene: “Noi non dovremo difendere le migliaia di vani costruiti fino a oggi, né gli accordi di programma in deroga per migliaia di appartamenti, né un precariato che non può diventare stabile nell’amministrazione comunale per legge”.
Un po’ grillino ma non Don Chisciotte, perché la campagna elettorale, insomma, non è una festa, coi tempi che corrono e con le responsabilità che attendono un sindaco. Nessuna dichiarazione di “vittoria al primo turno” ma, certo, la sfida è mandare a casa la vecchia classe dirigente in due fasi, erodendo la percentuale del 26% circa che Mongelli e i suoi ottennero nel 2009. Per i prossimi giorni ha chiesto un confronto pubblico con Marasco e Landella per discutere delle questioni di merito.
Di Gioia non rinnega le sue appartenenze politiche del passato, mira a un target di voto libero, in ogni senso, non solo trasversale ai partiti e, in linea con un uditorio di sinistra che aspettava da tempo il riscatto dalla gabbia partitica, passa in rassegna la vita amministrativa, dal Comune al Parlamento. “Se c’è un posto dove si può far politica vicino ai cittadini questo è il Comune”. Il resto è dismissione delle Province, liste di nominati in Parlamento, tendenza a sottrarre alle Regioni alcune autonomie.