Un immobile sequestrato al clan di mafia Lanza al Salice Vecchio a Foggia diverrà sede di un importante progetto di antimafia sociale finanziato con fondi del Pon Sicurezza e messo a punto da una rete istituzionale e privata composta da Regione Puglia, Comune di Foggia, Associazione Panunzio e Filo di Arianna. Negli anni i parenti dei mafiosi hanno distrutto la villa e il bene, ma nel progetto l’area viene reinventata per la didattica all’aperto. Il bene sequestrato sarà visibile in tutta la sua utilizzabilità finale.
Si chiamerà un “Uliveto per Foggia” ed è stato presentato oggi all’Auditorium Santa Chiara in occasione del 26anniversario dell’uccisione del costruttore foggiano Giovanni Panunzio, ucciso dalla criminalità organizzata il 6 novembre del 1992.
Oggi tutta la famiglia Panunzio insieme al presidente dell’associazione Dimitri Lioi, al sindaco di Foggia Franco Landella e al governatore Michele Emiliano, ha ricordato, con letture sceniche di Pino Casolaro e del Teatro della Polvere, l’opera pittorica dell’artista Michelangelo Pietradura e molti interventi qualificati, quei giorni terribili di vero e proprio “sacco edile” della città e il valore del sacrificio di Giovanni Panunzio.
Oggi si è anche insediato nel ruolo che fu del compianto Stefano Fumarulo, il dottor Agostino De Paolis, allora a capo della squadra mobile di Foggia e tra i principali artefici della lotta alla mafia negli anni Novanta e a seguire nella Polizia di Stato.
Fatto salvo l’ex sindaco Gianni Mongelli, imprenditore edile come Panunzio, oggi erano ancora assenti gli attori economici del mattone al convegno.
“L’assenza dei costruttori significa che le cose non sono cambiate completamente, anzi, forse sono cambiate poco. Probabilmente il senso di isolamento che lui aveva e che derivava dall’isolamento rispetto ai suoi colleghi imprenditori, è rimasto tale. Molte altre istituzioni, molte altre classi sociali si sono mosse, ma si è meno mossa una certa parte dell’attività imprenditoriale, che forse ancora oggi prende le distanze da certi esempi positivi. Questo può essere anche indice del fatto che si continui a pagare e a cedere dei ricatti di certe organizzazioni. L’uliveto è un simbolo come Giovanni Panunzio, è un segnale che arriva alla gente, alla popolazione. Va coltivato insieme ad una serie di iniziative che pure vanno portate avanti”, ha detto a l’Immediato De Paolis.
“Giovanni Panunzio non è solo un simbolo, ma un simbolo concreto, la realizzazione del progetto consisterà nel provare ad avviare al lavoro 25 persone che hanno bisogno di sostegno. Sarà un progetto di inclusione sociale per i giovani finalizzato alla legalità con recupero di aree bisognose di essere rivisitate. Con l’augurio che tutto serva a costruire qualcosa di concreto”, ha aggiunto.
“La malattia, la metastasi da rimuovere in un territorio in cui vengono assassinate 20 persone in un anno è ancora potente”, è stato il commento del Prefetto Massimo Mariani. “C’è ancora molto da fare. I freddi numeri ci dicono che un miglioramento c’è stato, quella che noi facciamo è un’attività di tutti. Che quello che è accaduto a Panunzio non succeda più è compito di tutti, è una faccenda di tutti”.
L’assessora comunale Claudia Lioia ha mostrato il suo entusiasmo e la sua commozione emotiva nel presentare il progetto, a cui il Comune ha partecipato fattivamente. “Foggia è una città devastata, ma la presenza dei ragazzi e delle autorità è un esempio. Questo percorso è fatto di riunioni e tanti dubbi anche su come procedere. C’era la voglia di aggiudicarsi un finanziamento e il Comune ci ha messo tanto, come Ente riceviamo in gestione i beni confiscati alle mafie. Con l’uliveto vogliamo dare nuova linfa a questa città. Con un albero vogliamo dare una forza ai ragazzi. Si è parlato di indifferenza anche nelle piccole illegalità, siete chiamati ad essere gli esempi di legalità. Sulle strade e ovunque, solo così il lavoro di tutti potrà avere effetti”.
Parole di apprezzamento anche dal sociologo e imprenditore Leonardo Palmisano, che ha premiato la famiglia Panunzio nel festival Legalitria: “Questo Paese ha bisogno di investire fortemente sulla riconquista della legalità. Era un bando pubblico in cui due amministrazioni, col Pon Legalità, hanno deciso di esserci. La Regione per una positiva sollevazione popolare e a rispondere c’è un Comune importante. Foggia l’abbiamo un po’ dimenticata, anch’io da barese ne ho colpe. L’interesse mediatico in questi anni era concentrato sui sistemi mafiosi in decadenza, non abbiamo raccontato la sacra corona unita, la mafia garganica. Quando risponde un Comune capoluogo e decide di fare da capofila vuol dire che ci si attesta una responsabilità e si costruisce una rete nella quale i ragazzi saranno coinvolti, evitando che gli adolescenti possano cadere nel consumo di droghe leggere. Panunzio era un imprenditore, non si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Era un obiettivo specifico di un sistema malato”. Palmisano insieme ad altri colleghi sta tentando di realizzare una idea di business sociale per degli “algoritmi predittivi”, una app che possa individuare le aree a rischio. “Mi auguro di sperimentare questo percorso antimafia anche a Foggia”, è stato il suo auspicio. A suo avviso il mancato racconto della complessità mafiosa pugliese, “la fangosità del racconto”, come l’ha chiamata, ha prodotto una idea strana fuori dalla Puglia ossia che in Puglia sia facile fare delle cose. “La cosa più facile è cominciare a parlarne. E a differenza di tanti intellettuali antimafia, non è vero che tutto è mafia. Dobbiamo cominciare a scavare nella biografia delle vittime. Le mafie non scelgono le vittime a caso. A Foggia, con Panunzio e poi col direttore dell’Ufficio del Registro Francesco Marcone, si è voluto colpire un determinato pezzo di società, in quegli anni c’era un’ipotesi di sviluppo differente che va recuperata. La società sana è maggioritaria demograficamente ed economicamente. Una narrazione deve esserci, non possiamo accettare che si continui a delineare la mafia garganica come una mafia rozza. Il grande vantaggio che hanno i Pon Legalità è che possono restituire un contrasto vero alle mafie”.
L’inserimento sociale e il lavoro sulle fasce deboli e sulle donne vittime di violenza sono i due temi che hanno innescato la collaborazione del Filo di Arianna con Rosaria Capozzi. “Il nostro lavoro mira a spezzare la rete di sostegno del malavitoso. Noi ci adoperiamo per intervenire nelle famiglie. Ci siamo inventate delle borse di lavoro. Un lavoro legale ti dà un’altra vita. Siamo una piccola cooperativa ma abbiamo fatto in questi 19 anni per le vittime di violenza familiare. Noi una alla volta cerchiamo di salvarli”.
“Quando sei solo è difficilissimo farcela, Panunzio non aveva la sua classe sociale accanto, è un dolore pagare, ma quello che ti chiede i soldi ti chiede anche di consegnargli la tua dignità, ti tratta come pezza per lavare a terra. Panunzio si ribellò, non si fece trattare come una pezza. È su uomini come lui che si fonda la nostra Italia. Nessuno si era mai permesso di andare contro un sistema consolidato, di dire no alle tangenti. Il suo gesto di resistenza è stato fortissimo. Non ha ceduto”, ha detto il presidente Michele Emiliano nei confronti ricordando Panunzio, simbolo nazionale della lotta al racket.
“Sono qui soprattutto per l’amicizia personale nei confronti della famiglia Panunzio, ma anche per il sostegno istituzionale di tutta la Puglia a questa famiglia martire della oppressione mafiosa nella città e nella provincia di Foggia. Si tratta di un evento drammatico, avvenuto in un momento storico nel quale l’isolamento degli imprenditori di questa città, in particolare degli imprenditori edili, era gravissimo e pesante. Ancora oggi la lotta è in corso: abbiamo segnali incoraggianti sia dal punto di vista investigativo che dal punto di vista della capacità degli imprenditori di reagire a fatti del genere, ma non possiamo assolutamente dire che ciò che produsse questo martirio oggi sia del tutto esaurito. Foggia è una città dove bisogna tenere altissima la sorveglianza sulle attività, sugli appalti, sui movimenti di denaro: su tutte quelle situazioni che potrebbero consentire alla criminalità organizzata di tornare a premere su singole imprese per inquinare l’aggiudicazione degli appalti pubblici o, peggio, per sottoporre ad estorsione i vincitori e coloro che stanno realizzando opere. La Procura della Repubblica, le Forze dell’ordine e la Prefettura stanno facendo in modo straordinario il loro dovere oggi e quindi noi stiamo anche celebrando l’impegno dello Stato nei confronti della criminalità organizzata”.