89 anni e una energia straordinaria quella messa in scena dalla Libreria Ubik dalla giornalista, scrittrice e fondatrice del Manifesto Luciana Castellina, che insieme al professor Marco Barbieri e a Gemma Pacella ha raccontato il suo ultimo libro “Amori Comunisti”, edizioni Nottetempo, la storia di tre coppie fra Turchia, Creta e Stati Uniti. Intorno a Munewer Andac e Nàzim Hikmet, Arghirò Polichronaki e Nikos Kokovlìs, Sylvia Berman e Robert Thompson l’autrice costruisce una narrazione intessuta di ricordi, Storia e militanza politica.
La scrittrice si è burlata degli editori, quando ha ricordato la “visibile delusione” e lo sbigottimento del tema sugli amori comunisti, che non erano né i suoi né erano i pettegolezzi amorosi del Pci italiano.
“Queste storie le ho conosciute e le ho avute sempre dentro con la voglia di raccontarle. Sono una vetero comunista, sono stufa di parlare e sentire storie sugli errori e sugli orrori del comunismo. Ho voluto parlare anche degli amori, io che sono specialista in separazioni. Da queste storie vien fuori che è difficile far politica con passione senza aver provato un grande amore. È difficile cambiare l’umanità se non hai capito l’amore”.
Secondo Castellina la politica può essere un elemento di grande unità e lo ha ribadito rammentando l’episodio della fidanzata di Luigi Di Maio, che ha deciso di lasciare il leader pentastellato, perché troppo occupato a far politica.
La politica ai suoi tempi e ai tempi delle tre storie narrate univa, rinsaldava l’unione amorosa e gli ideali politici.
Passione, sacrificio, tensione. È questo l’amore delle 3 coppie. La più intensa è quella del poeta, che in un verso scrive: “Io sono stato sempre innamorato”.
“Si è sempre innamorati di una donna, di un’idea. L’amore è una forza sovversiva che rompe gli schemi, ti trascina irreversibile dove non sai, ti induce a non aver paura della totalità”, ha detto ricordando un’epoca nella quale si era disposti a tutto per la politica. Vita pubblica e vita privata coincidevano. In una passione totalizzante, che aveva un forte senso etico, che la Castellina odierna, sempre più vicina al Papa e al cattolicesimo “non butta via”. “Cos’è la politica? È amore per gli altri, don Milani lo ha spiegato. Il mio problema è anche quello degli altri, uscirne tutti insieme è la politica. uscirne da soli è avarizia, il più sordido dei vizi. L’altro è una risorsa critica di me stesso”.
L’ex dirigente comunista ha sfatato anche alcuni luoghi comuni psicologistici sulle donne o alcuni cliché del Pci degli anni Cinquanta e Sessanta, ricordando l’immenso lavoro di Nilde Iotti e di Livia Turco nelle sezioni femminili. “Il gruppo bolscevico non è stato affatto bigotto- ha risposto a chi, citando Gaber, le ha domandato della difficoltà di vivere il privato e gli amori nel Pci- all’inizio c’era una impostazione molto libertaria, il rapporto tra uomo e donna cambia con l’arrivo delle nonne, che servivano per badare ai bambini. Le donne dovevano lavorare e la famiglia diventò la prima cellula, la prima unità produttiva. Lì nasce il perbenismo, che ispirò il Pci anche da noi”.