Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Provveditorato regionale di Puglia e Basilicata e il Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità GGM e Uepe di Puglia e Basilicata hanno organizzato questa mattina a Palazzo Dogana a Foggia, un importante seminario sulla “impresa della ri-abilitazione” in carcere e per le messe in prova, offrendo i diversi punti di vista degli operatori del sistema sanitario e dei servizi di giustizia insieme a quanti praticano il lavoro di comunità.
Marginalizzare l’intervento carcerario ha moltissimi aspetti positivi, questa è stata una delle certezze del convegno. Sono più di 450 i ragazzi in carcere nel Paese, di cui la metà stranieri. Dei circa 250 italiani solo 40 in Italia sono minorenni. Il carcere in Italia per i minorenni non si usa più, sempre più efficace è la giustizia minorile, che segue oggi ben 20mila ragazzi, in un processo spinto di de-carcerizzazione.
Se per i tardo adolescenti si ha una bassissima recidiva, pari a circa il 13%, essa per gli adulti invece è molto alta e sfiora il 60-70% e in alcuni casi anche l’80%, come ha spiegato a l’Immediato la direttrice dell’Ufficio locale Esecuzione Penale Esterna di Foggia, Mirella Malcangi, da due mesi in Capitanata da Bari.
“Oggi la pena non si deve identificare col carcere, la pena certa è quella personalizzata che serve a qualcosa e non è vendicativa, tale da cristallizzare i ruoli sociali per non accrescere il conflitto tra reo e vittima. La risposta deve tenere insieme molti interventi e non solo quello reattivo della cultura del bar dello sport”, ha detto Giuseppe Centomani direttore del Centro di Giustizia Minorile della Campania. “Ci sono due modelli di comunicazione: per convivere e per convincere. Si comunica anche per convincere con una comunicazione di potere. Molto più raramente si comunica per conoscere un punto di vista terzo. Ho forti dubbi su questo nuovo governo perché ho sentito che vogliono costruire nuove carceri”, ha concluso.
3 i gruppi di lavoro costituiti in Capitanata.
I disturbi psichici e i disagi psicologici
Nelle diverse carceri del territorio, come in tutta Italia, c’è un incremento del disagio psichico, che induce ad intensificare la prevenzione al rischio suicidi ario. Sono stati 6 i suicidi in cella nel 2018, solo nel primo semestre. Gli istituti sono continuamente sollecitati a due rischi: da un lato quello di una eccessiva medicalizzazione psichiatrica, dall’altro quello della normalizzazione. La strategia in atto ha visto attuare un gruppo stabile presso la ASL, la presa in carico della cura da parte di una equipe psichiatrica, diretta dal professor Antonello Bellomo e dal dipartimento delle dipendenze patologiche dal dottor Teddy Giordano.
Tonio Battista, direttore sanitario della Asl, è soddisfatto del lavoro sin qui svolto: “Ci vediamo con regolarità mensili con i direttori per una ricaduta concreta. Sono 4 i filoni della Asl negli istituti di pena. L’assistenza penitenziaria è un dovere con la nuova legge, cosa che non era prima. È cambiato l’ordinamento. Ci dobbiamo occupare delle risorse umane, c’è disomogeneità e spesso non è semplice consentire l’assistenza all’interno dell’ Istituto. Non era scontato, le Asl hanno un tetto di ore di assistenza, ma la Regione ci ha assicurato ore aggiuntive, assegnando 100 ore in più di specialistica nelle carceri. L’altro aspetto è l’adeguamento strutturale, con i Fondi Fesr una quota è allocata per le attrezzature tecniche. Abbiamo anche redatto un prontuario dei farmaci, in modo da stabilire con un censimento i farmaci più prescritti”.
Il “drogologo” Teddy Giordano si è invece chiesto se l’impresa della ri-abilitazione sia o non sia una fatica di Sisifo. La dipendenza patologica è di certo una malattia cronica, secondo lo psichiatra sipontino esperto di dipendenze. Sono 2500 in provincia di Foggia gli utenti, che fanno uso e abuso di sostanze il cui consumo ormai si è normalizzato. Il 25% della popolazione studentesca ha fumato almeno una volta sostanze illegali. Il 23% degli uomini ha abusato di alcol e con le nuove sostanze psicoattive, energizzanti e adoperate in ambito sportivo il quadro è più complicato, ha spiegato Giordano. “Nei nostri servizi sono quasi tutti eroinomani nonostante la forte presenza di cocaina. Senza contare la cannabis legale. Esiste tutto un mondo che a noi sfugge. Tanti deliri sono slatentizzati dall’ uso di sostanze”.
Il dirigente regionale Bonfitto ha sottolineato come la richiesta di assegnazione è cresciuta per vari fattori, occorre contenere all’interno delle strutture i pazienti detenuti. “Abbiamo pazienti con patologie gravi, con forme tumorali, cardiopatie. È una realtà che esiste e deve avere risposte. Con la chiusura degli Opg c’è molto caos, squilibrio e affanno per l’organizzazione intramuraria. C’è stato un gap: l’impatto è troppo grande rispetto alle strutture e alle risorse. Gli istituti hanno bisogno di grande supporto nella sanità penitenziaria. Bisogna caricarsi di una serie di patologie, ma la Asl di Foggia è illuminata”.
La salute mentale dei detenuti, tutti in età giovanile e con uso di sostanze, è stata di sicuro sottostimata in Italia. Ne è certo il professor Bellomo. Il 50% dei giovani detenuti ha un qualche disturbo psichico e il 30% di loro non ha una mai avuto una precedente diagnosi, 1 su 7 invece è a rischio depressione. Il 5% delle risorse sanitarie che dovrebbero essere indirizzate nelle carceri non viene speso realmente nelle strutture carcerarie, solo il Friuli si presenta in regola con questa voce di spesa. Sono 19.268 gli stranieri in carcere. E vi è una prevalenza di suicidi, che rimangono la prima causa di morte in carcere.
Sono tre le forme di cura secondo le linee guida della proposta di accordo tra Stato e Regioni: la collaborazione e consulenza, l’assunzione in cura ossia il trattamento e la presa in carico ossia il percorso integrato multidimensionale. Questo è l’intervento più frequente e riguarderà anche gli autori di reato.
Non va neppure sottovalutata la etero aggressività. Tutti e tre gli istituti penitenziari della provincia presentano, come è noto, numeri da sovraffollamento. A fronte di una capienza massima 365 detenuti, ieri a Foggia si registrava presenze per 530 detenuti. 190 contro le normali 145 presenze a Lucera e 98 contro i normali 65 a San Severo.
Nella Casa Circondariale di Foggia ci sono 8 infermieri per 24 ore di servizio, 6 medici per 24 ore e 2 sanitari incaricati. Gli infermieri sono rispettivamente 6 con 15 ore e 5 con 12 ore di servizio a Lucera e San Severo, i medici 4 a San Severo e 3 a Lucera, per 14 ore e 8 ore, mentre c’è un solo sanitario sia a Lucera sia a San Severo con 3 ore di servizio.
Sono 23 le ore lavorate dai due psichiatri a Foggia, 25 ore per i due psicologi. A San Severo, invece, i 2 psicologi ascoltano per 20 ore, mentre il solo psichiatra lavora 8 ore. A Lucera gli psichiatri sono 2 ma per 7 ore, mentre lo psicologo sta solo 2 ore.
Per il carcere di Foggia sono stati nel 2017 ben 300 i pazienti in carico ai servizi di salute mentale, di cui 100 con disturbi psicotici magiori e 200 con disagi psichici. 1512 sono state invece le visite e 150 i supporti psicologici.
A San Severo 82 detenuti sono stati presi in carico e 980 sono stati i colloqui di supporto psicologico con le famiglie in istituto. A Lucera si è nella situazione paradossale secondo la quale il sostegno psicologico viene “donato” dalla psicologa configurata ex art 80.
I dati pervenuti dal 2018 e illustrati dalla dottoressa Petrella non sono incoraggianti per la salute mentale: sono già 56 i casi di disturbi psichiatrici gravi a Foggia, 32 a Lucera e 20 a San Severo. È elevata la componente antisociale.
L’aspetto giuridico
La giudice Gianna Maria Nanna della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Bari ha evidenziato l’imponente fenomeno migratorio di minori. Nel 2017 sono state 101 le messe alla prova dinanzi al gup e 275 le messe alla prova dinanzi alla comunità. “La giustizia riparativa, disposta dal giudice va riempita di contenuti concreti dai servizi. Pensare a meccanismi di supporto credo che sia una cosa bella”, ha detto Nanna.
Il pm Antonio Laronga ha espresso delle analisi tecniche e giuridiche. A fronte di 100 detenuti, per legge sono previsti 80 poliziotti penitenziari e 1 operatore. Ma la Casa circondariale di Foggia si presenta sempre in sovrannumero. “L’organizzazione concreta risponde ad una repressione più forte delle leggi europee. Il Reato stradale, reato ambientale, l’autoriciclaggio, questi nuovi reati hanno pene altissime. Sono aumentate anche le pene per corruzione e mafia. Noi avvertiamo la mancanza di un disegno strategico sulla politica criminale. Un giorno si applica la messa in prova anche per gli adulti e il giorno dopo si danno 15 anni per il reato stradale”.
L’organizzazione carceraria e di comunità
La dottoressa Malcangi, da poco a Foggia, pur arrivata nel capoluogo dauno con alcuni pregiudizi, come ha ammesso alla nostra testata web, si è ricreduta, quando ha scoperto che ci sono ben 88 progetti attivi con i detenuti, segno di una grande vitalità associazionistica. Il lavoro è un elemento caratterizzante del trattamento, l’associazione Pietra di Scarto in collaborazione con l’azienda Farmalabor occuperà i detenuti nel lavoro di impacchettamento di integratori e farmaci.
“3 sistemi oggi per la prima volta stanno sperimentando la progettazione comune – ha commentato Pino Tucci –. Il territorio è il secondo più grande d’Italia e ha grandi problematiche localizzate. Per i minori nei Piani sociali di zona c’è una attenzione marginale, è una categoria di serie b. Invece ci siamo, avere sensibilità per il minorenne dà la possibilità di una vera prevenzione. Progettare insieme è colmare il gap di decenni. Non abbiamo bisogno di risposte semplificate. C’è stata una impennata di ragazzi presi in carico da Ussm. Da 316 nel 2015 a 338 nel 2017. Questi numeri chiarificano che forse delle lacune e dei ritardi nella programmazione ci sono. C’è un aumento di casi di doppia diagnosi. Basta con i piagnistei dei Comuni: i Psz sono fiumi di denaro pubblico e vanno programmati con cura”.